Basilica paleocristiana di San Pietro, Siracusa
Luce, vuoto, materia, superfice, stratigrafia, tempo.
La Basilica paleocristiana di San Pietro a Siracusa è un edificio modesto nelle dimensioni ma di grande fascino determinato dalla sua lunga storia segnata da continue sovrapposizioni e trasformazioni. Se gli interventi che si sono succeduti nel tempo dall’epoca paleocristiana (IV sec. d.C.) a quella barocca, adattavano di volta in volta la struttura precedente alle nuove esigenze, i restauri degli anni ’50 del Novecento, hanno alterato la spazialità interna in modo irreversibile nella vana ricerca di una immagine originaria della chiesa. Il progetto trae la sua forza nella sublimazione della stratigrafia delle superfici evidenziando le tracce degli affreschi bizantini che ricoprivano in origine l’intera chiesa con la creazione di due nuove strutture –il controsoffitto e il grande portale – pensati quali elementi di rilettura dello spazio e della storia dell’edificio. Il controsoffitto vuole essere una riproposizione traslata della spazialità originaria della basilica: realizzato in semplici lamelle di legno, si imposta, senza mai toccare la fabbrica, all’altezza degli appoggi della volta a botte di età paleocristiana. Questo leggero elemento ligneo, formato dalla stretta successione di sottili luci e ombre, filtra l’impatto visivo della struttura a capriate del tetto e modula la luminosità diurna che penetra delle finestre superiori realizzate negli anni ’50. La soluzione di chiusura pensata per il grande portale d’ingresso dell’endonartece è stata intesa come materializzazione del vuoto attraverso un elemento solido, uno spesso pannello interamente in acciaio corten lievemente staccato dai lati e dall’intradosso dell’arco al fine di evidenziare il carattere di spazio di transito così per come era in origine e per come testimoniano gli scavi archeologici. Questa idea di chiusura e di transito è evidenziata dal sistema di apertura a spinta frontale della parte bassa del pannello che si muove come un monolite libero nello spazio dell’endonartece, paravento e filtro verso la sacralità dello spazio interno. Il piano pavimentale in battuto di cocciopesto trattato a cera naturale è pensato come una superficie continua che risparmia solo un lembo della pavimentazione bizantina - venuto alla luce durante i nuovi scavi archeologici - che viene reso calpestabile. Da quest’ultimo, con un piano di calpestio più basso di ca. 40 cm, è possibile percepire l’originario rapporto spaziale pre-esistente. Il lungo e complesso lavoro di recupero della stratigrafia materica cerca di evidenziare l’aspetto di “rovina” del monumento offrendo, allo stesso tempo, attraverso la cromia e la densità delle superfici, l’idea di uno spazio scavato immerso nella penombra.