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Area ex Saint Gobain

[...] Intanto qui, in quell’area che tutti chiamano “ ’a sangobbèn ”, un tempo c’era una fabbrica, disegnata dall’architetto Davide Pacanowski con l’Ufficio Tecnico della vetreria pisano-francese, su un lotto trapezoidale di quarantacinque ettari, lungo oltre 1150 metri e largo circa 360. Un forno, due ciminiere, ventimila metri quadrati di acciaio e vetro di un capannone spedizioni, serbatoi in cemento e lunghissime linee di produzione fatte di mattoncini rossi e lamiera grecata. Prima. Poi, la graduale dismissione. Dopo la demolizione della ciminiera più piccola, il manager della Saeg di Parma, spiegava: “Nell'operazione di abbattimento sono stati impiegati quattro chilogrammi di dinamite e 30 detonatori ritardati di 25 millesimi di secondo l'uno dall'altro. La struttura, regolarmente bonificata prima di essere demolita, è stata abbattuta in circa 4 secondi. La demolizione, come prestabilito, ha fatto cadere la ciminiera sul lato facendo disegnare una striscia di macerie sul suolo". In quelle parole c’è la sintesi del tutto, la macellazione della memoria, l’inizio dell’inesorabile fine del fallito sogno vitreo ma anche un involontario e agghiacciante spunto da romanzo thriller.
La St. Gobain è con il Macrico (trentatré ettari di terra post_militare), con la Caserma Sacchi (ventimila metri quadri di spazi recuperati), il futuribile della Caserta meridionale [...].

Raffaele Cutillo 11 giugno 2010 per "Il Mattino di Caserta" ("Caserta e i suoi edifici" maggio/luglio 2010)

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