RIGENERARE LE ROCCE
Gli Itinerari del disvelamento dal “paesaggio dello scarto” fino al paesaggio ritrovato.
Studi teorici e progettuali per l'allestimento di una mostra sulla Rigenerazione dell'ex Villaggio Turistico "Le Rocce"- Capo Mazzarò - Taormina.
Dalla Geenna dell’abusivismo e della speculazione edilizia, un vuoto di spazio e di senso compare abbarbicato sulla scogliera di Mazzarò, un paradiso perduto, poiché superato e volutamente dimenticato è il senso dei segni che lo hanno generato in un contesto socio-economico, quello di Taormina che ha preso più di quanto abbia donato. Il villaggio turistico le Rocce, abbandonato ormai dagli anni ’70 è simbolo di questa volontà accentratrice, che negli anni piuttosto che creare una rete di turismo sostenibile in grado di coinvolgere anche i comuni limitrofi puntando sul rafforzamento di un’identità comune, di tradizioni, miti e caratteri naturali, ha preferito rivolgere tutte le sue energie al proprio interno, spesso a discapito del territorio come se extramoenia non esistesse nient’altro. Rigenerare un luogo in un contesto in cui gli interessi, soprattutto quelli economici, sono così compositi, appare impresa titanica e il suo fulcro, se ci è concesso prendere in prestito le parole profetiche di quel Pasolini degli Scritti Corsari, risiede nello scindere la vicinanza concettuale oltre che semantica tra progresso e sviluppo, laddove il progresso è un processo afisico che coincide col benessere sociale.
Al contrario lo sviluppo genera l’accumulo senza limiti di beni materiali, beni che superato quel determinato momento economico vengono abbandonati, ed è questo il caso dei “paesaggi dello scarto”.
Se citando Kevin Lynch possiamo affermare che lo scarto “è il materiale esaurito e privo di valore residuo di un atto di produzione o consumo" deve necessariamente essere anche la materia rigenerabile dalla quale è possibile attivare nuovi cicli di vita. Pertanto i paesaggi dello scarto non possono essere interpretati come una disfatta, bensì come un nuovo palinsesto, che dall’orrore del deperimento e della dissipazione sempre paventati come qualcosa di terribile, possono creare nuove risorse di paesaggio cui donare vita . Ragion per cui si può affermare con sicurezza ed espungendo il “?” utilizzato da Gilles Clement nel suo adagio che lo scarto non è una sconfitta ma una nuova pagina bianca di cui abbiamo bisogno . In questo senso Rigenerare un’area non significa soltanto capire i limiti umani dello sviluppo ma generare progresso, non come utopia senza contorni né limiti, ma come identità, sentimenti, cultura, valori non materiali ma largamente condivisi che possono rivendicare la loro permanenza rispetto alle variabili leggi del mercato globale.
La direzione Europea di tutti i progetti di Rigenerazione Urbana, così come affermato dalla Carta di Toledo e dalla Convenzione Europea del Paesaggio, non è soltanto quella della restituzione di un nuovo valore fisico all’edilizia dismessa e ai paesaggi dimenticati ma anche e soprattutto quella di donare ai luoghi un nuovo valore sociale attraverso la creazione di processi di partecipazione ed educazione. L’educazione e la sensibilizzazione sono fondamentali sia nel caso in cui si analizzi il piano strettamente normativo e le sue ricadute sul substrato sociale ed economico, sia nel caso in cui si vogliano considerare i più ampi territori, soprattutto emotivi, dell’affettività , del comune sentire e delle conquiste sociali.
Nel primo caso è necessario riconoscere l'importanza del processo di responsabilizzazione perché ognuno ha il paesaggio che si merita, ognuno ha diritto al paesaggio e, di conseguenza, appare necessario sensibilizzare ed educare le comunità, oltre che renderle attivamente partecipi dei processi di tutela e costruzione del paesaggio. Inoltre non appaiono secondarie tutte le implicazioni di carattere contestualista laddove, per dirla con Settis,” l'ambiente che noi abbiamo creato a sua volta ci condiziona: ci fa membri di una comunità se possiamo riconoscerci in esso, ci spinge alla violenza quando quel che ci circonda è alienante", per cui curare il paesaggio dovrebbe assumere i connotati di generare affezione e costruire un legame tra individui e ambiente e, ancor più, tra collettività e ambiente.
Per quanto concerne il secondo caso, invece, il termine paesaggio si carica di tutti quei connotati che lo identificano come componente fondamentale nella narrazione della vita individuale, poichè se da un punto di vista meramente empirista il paesaggio è ciò che vediamo, da un’altra angolazione è anche tutto ciò che non vediamo, l’invisibile nel visibile, quella stratificazione di significati che la società e ciascun individuo hanno attribuito a quel determinato scenario. Per questo è necessario fare riferimento a concetti come appropriazione - risignificazione – affezione poiché è partendo da questo comune sentire che si dipanano i processi di recupero dei luoghi degradati, abbandonati, depotenziati.
Un progetto di Rigenerazione ma anche e soprattutto di Restituzione, restituzione in senso stretto di un’area alla popolazione e restituzione in senso più ampio di valore e di senso ad un’ area che nonostante il grande valore naturalistico, paesaggistico e, a suo tempo, anche architettonico, lo ha perso totalmente.
Gli obbiettivi sono quelli di creare bellezza e senso di comunità attraverso laboratori, eventi e istallazioni permanenti o temporanee che dialoghino con le componenti diversificate del paesaggio dando forma ad un processo di “Agopuntura urbana”, attraverso cui la riqualificazione di un’ area possa mettere in moto la riqualificazione di altre in un meccanismo a cascata in cui possano essere innescate sempre nuove pratiche virtuose. Questo processo puntuale che per esplicitarsi prende in prestito la metafora orientale, recupera l’energia di un punto “dolente” attraverso una piccola pressione che si riconnette all’organismo e al suo benessere complessivo, e questo è ciò che dovrebbe accadere anche per Le Rocce. Ma ancor più fondamentale appare la volontà di mettere in moto un processo più che un progetto, che , come ampiamente enunciato da Jullien nella sua reinterpretazione della filosofia della guerra orientale, possa intaccare la realtà senza forzarla, sfruttando tutte le potenzialità insite in una situazione, che necessariamente vengono valutate a monte. In questo senso, il processo, in luogo del progetto e della programmazione statica, è un qualcosa che a partire da una data azione iniziale modifica la realtà provocando un effetto prolungato nel tempo e generando ogni volta nuovo stupore.
L’Arte è il nocciolo di questa trama di azioni e reazioni e con i suo meccanismi catartici e di sospensione momentanea dei desideri individuali si configura come un dispositivo capace di generare verità ,comunità, creatività, bellezza e novità, diventando il linguaggio di uno stupore che di volta in volta si rinnova. Quello stesso stupore che deve provare il visitatore riappropriandosi delle Rocce, un paesaggio ritrovato, in cui la verità che citando Heidegger è Aletheia, cioè disvelamento , manifesta l’intelligenza sopita della natura. In questa stessa ottica perciò Rigenerare le Rocce è una passo fondamentale per rigenerare anche il territorio circostante in un sistema organico che dovrebbe coinvolgere anche i comuni limitrofi attualmente sfavoriti dalla politica taorminese, per modellare un paesaggio che diventa esperienza comune, narrazione non della storia di un singolo, ma della storia di una collettività che collabora e sente insieme.