Restauro e riabilitazione del castello di Abbiategrasso come sede municipale
Al di là di un'analisi stilistica in senso stretto, rispetto ad esempio alle testimonianze che abbiamo dell'architettura viscontea nel ducato di Milano, il valore monumentale del castello di Abbiategrasso è da ricondurre, in primo luogo, al suo significato civile e poi alla sua collocazione rispetto al centro storico della città e agli altri monumenti che questa conserva. Resta per ultimo il valore artistico del monumento perché, se da una parte esso è indiscutibile, dall'altra non si può negare che il carattere marcatamente visconteo dell'opera è da attribuire in primo luogo ai rifacimenti molto recenti, che riguardano soprattutto l'apertura delle grandi bifore in cotto al piano terreno. Ma così come vi erano allora motivi validi per un intervento così determinante, oggi non ci sono motivi sufficienti per distruggere un'immagine (palesemente quella del "restauro stilistico") che, anche se molto tardiva rispetto alle formulazioni teoriche, resta pur sempre il risultato di una volontà in cui la città intera si è espressa e oggi si rispecchia.
E questo resta comunque un fatto positivo, cioè il carattere civile del monumento, e anche il motivo per cui la città intende ripristinare e tornare a usare questo edificio fatiscente, un esempio di impegno civile abbastanza raro in Italia.
D'altra parte, il castello costituisce un punto di riferimento architettonico estremamente preciso rispetto alla città e la sua collocazione rivela il senso logico del disegno del centro storico. Insieme ad altri elementi come il perimetro del fossato, l'asse trasversale di attraversamento della città, alcuni monumenti principali ecc., il castello rappresenta una coordinata fondamentale per la lettura architettonica del centro storico, senza la quale si perde il senso della sua costruzione nel tempo; e per poter mantenere questo suo carattere di individuazione, il castello deve continuare a far parte della vita della città. È da questo punto di vista che la scelta espressa dalla giunta comunale di adibire il castello a palazzo municipale deve essere vista come una scelta progressiva. E questo non solo perché mostra una scelta profondamente realistica di utilizzazione di un monumento, ma anche perché, nell'identificare il monumento storico più importante con l'edificio pubblico per eccellenza, essa ripropone una continuità civile nell’architettura della città. Essa offre quindi nello stesso tempo una precisa indicazione di fronte al problema di una effettiva, cosciente partecipazione della cittadinanza alla costruzione della città.
Descrizione del progetto Posto in fondo all'asse proveniente da Milano, il castello non può più essere considerato come cerniera intorno a cui faticosamente si svolge il traffico di circonvallazione e di penetrazione al centro storico.
Una volta risolto sul piano viabilistico l'accesso alla città deviando il traffico sul viale che circonda il fossato, il castello recupera determinate condizioni all'intorno come la continuità del fossato e dell'Allea, la formazione di due piazze a traffico molto limitato ecc. - che ne fanno il luogo più adatto per accogliere un edificio pubblico così importante e usufruito come è appunto il municipio di Abbiategrasso.
Se da un lato quindi, per la chiusura della via di penetrazione, l'accesso all'edificio è facilitato e semplificato per chi proviene sia dall'esterno che dall'interno del centro storico, dall'altro la soluzione planimetrica prevista tende, mediante l'apertura di un nuovo accesso pedonale sull'Allea, a riportare all'interno della corte porticata del castello quel movimento di affari e di scambi che oggi si svolge in piazza Marconi, costretto sotto i portici che fronteggiano l'attuale municipio. Su questa corte, che diviene una piazza pubblica vera e propria, si affacciano gli uffici del municipio che sono a più diretto contatto con il pubblico, la sala consiliare e relativa tribuna per il pubblico, la scala monumentale che conduce alle sale del museo archeologico, adibite a rappresentanza e manifestazioni, e l'accesso alle cantine che, aperte sul ripristinato fossato, possono assumere una funzione continua di luogo di ristoro, così come già hanno, ma soltanto in occasione della fiera annuale.
Tutti questi elementi sembrano sufficienti per garantire che la corte del castello diventi una piazza animala della città e non uno spazio privato difficilmente accessibile com'è ora.
La tipologia a corte - e quindi il completamento di essa con il corpo nuovo che si affaccia sulla piazza alberata - è sembrata la più adatta non soltanto per completare architettonicamente l'edificio esistente, ma anche per il funzionamento ottimale degli uffici del municipio e dei rapporti che legano le diverse divisioni in cui questo è organizzato. Infatti, al porticato del piano terreno corrisponde un uguale percorso perimetrale coperto al piano superiore; su questo si affacciano le diverse divisioni degli uffici comunali, i locali di segreteria, per il sindaco, gli assessori e la giunta ecc.
È stato possibile realizzare questo doppio percorso innalzando una seconda facciata, in pietra e a doppio ordine, posta davanti alle fronti del vecchio edificio. Scopo principale di questo raddoppio è quello di conferire alla piazza interna un'unità monumentale senza per questo coprire o modificare le facciate interne attuali - peraltro talmente degradate e manomesse da risultare irriconoscibili nei loro elementi architettonici. Malgrado ciò le fronti del vecchio edificio possono ancora essere lette integralmente, anche nel loro insieme, dal cortile attraverso le fitte campate che scandiscono la nuova quinta di pietra.
Abbiamo così un secondo disegno di corte che si sovrappone a quello incompleto esistente. Sfalsato rispetto a questo - ciò che è evidente nel fatto che esso scompare dove l'edificio esistente rimane racchiuso dal perimetro regolare - esso mostra didascalicamente la successione degli interventi.
Gli allineamenti ortogonali del disegno della corte riprendono quelli della torre esistente e del corpo di fabbrica in prosecuzione di questa. Il corpo nuovo di progetto e anche la torre e la porta verso l'Allea si attengono a questo nuovo sistema ortogonale di riferimento.
Se all'interno dell'edificio è evidente l'intenzione di ristabilire un'unità formale al di sopra dei singoli episodi, all'esterno la stessa irregolarità, frammentarietà e varietà dei corpi inducono a risolvere l'architettura secondo un processo additivo analogo a quello che si è svolto nel tempo, individuando nettamente ogni elemento aggiunto.
Così il corpo per gli uffici che completa la corte si interrompe prima della nuova torre e si salda sfalsato rispetto al corpo antico: si individua cioè anzitutto come volume a sé stante, come blocco chiuso all'esterno.
Così la torre e il portale a essa collegato sono isolati; e a loro volta svolgono una funzione di completamento che si interrompe e si sovrappone alle linee secondo cui l'antico edificio è a sua volta interrotto, determinando una successione di piani che non s'incontrano mai. È inutile dire che torre e portale sono, al di là di ogni possibile giustificazione sul piano funzionale, il punto in cui l'architettura proposta, senza rinunciare a esprimersi liberamente, più strettamente dialoga con il monumento e ne raccoglie, per così dire, la lezione, cioè a dire la scelta formale. È questo anche il punto più complesso della composizione, in cui le trame diverse - del nuovo edificio, del corpo monumentale esistente, della facciata continua interna e del sistema torre-portale - si uniscono e insieme si confrontano.
Il concetto generale a cui questo progetto si riferisce è pertanto chiaro dal punto di vista del restauro monumentale. Un progetto di completamento architettonico e di trasformazione funzionale di un monumento. L'accostamento del "nuovo" al "vecchio". Dove il "vecchio" è lasciato intatto a testimoniare la sua vicenda e quella della città. Dove il "nuovo" non rinuncia a essere prima di tutto se stesso, cioè architettura, e pertanto testimone della storia nel senso più vasto.