Reflections
Lo studio Go-Up è stato selezionato per affrontare il tema della "Innovazione" con una installazione chiamata "Riflessioni" e posizionata nel cortile interno della chiesa di S.Agostino a La Grand Motte durante il Festival des Architecures Vives.
Team: Go-Up Architects (Nicola Canessa + Paolo Raffetto) con Rocco Martellacci, Alice Bottardi, Marzia Vadalà, Carlotta Crosa e Olmo Martellacci
Il Festival des Architecures Vives di Montpellier e La Grande Motte (18-26 giugno 2016), ed è uno dei più importanti festival di installazioni architettoniche che ogni anno richiama nella città del Sud della Francia migliaia di visitatori, e quest'anno l'unico team italiano che è stato selezionato tra i due festival è Go-Up di Genova.
Dal 2006, il Festival des Architettures Vives è parte del cuore delle due città ospitando installazioni realizzate da studi di architetti, selezionati in tutto il Mondo, e chiamati a confrontarsi sul campo della progettazione architettonica in rapporto con la città.
Lo studio Go-Up è stato selezionato per affrontare il tema della "Innovazione" con una installazione chiamata "Riflessioni" e posizionata nel cortile interno della chiesa di S.Agostino a La Grand Motte. La chiesa come tutta la città è stata progettata alla fine degli anni sessanta dall'architetto Jean Balladur.
L'installazione genera un nuovo "limite". Il termine limite acquista un doppio significato, dal momento che deriva da due diversi nomi latini, o limes, limitis e limen, Liminis: il primo ha un significato negativo di bordo, che è una barriera insormontabile per l'uomo; al contrario, il secondo ha il valore di soglia, ed è per l'uomo un passaggio, aprendo quindi nuovi orizzonti.
Con questa installazione abbiamo voluto creare una nuova soglia all'interno di uno spazio libero.
Uno spazio fluttuante che accoglie senza bloccare, che collega le sfere intime, che unisce e si moltiplica e che si fa conoscere e riconoscere.
Così il progetto è realizzato nell'interconnesione dei singoli elementi che insieme creano un'entità singola e multipla allo stesso tempo con un gioco di specchi.
L'immagine che proponiamo è la corteccia vivente dell'albero chiamato "collettività", che una volta spogliato della sua materialità, si apre come un teatro tenda osmotico i cui protagonisti sono le persone (e le loro facce).
L'idea di incontro è stata affrontata attraverso la creazione di un installazione che potesse interagire con le diverse tipologie di visitatore e che le potesse aiutare farle incontrare all'interno dell'ambiente. L'incontro è un cerchio, poichè la circonferenza è una delle figure geometriche più antica e diffusa in tutte le culture del mondo e grazie alle sue peculiarità, tra cui quella di non avere un'inizio o una fine, un sopra e un sotto è la curva ideale per creare uno spazio dinamico in grado di coinvolgere ed accogliere i visitatori.
L'installazione vuole essere un omaggio a Balladur con al moltiplicazione dello spazio, e gioca con le remisecenze di Magritte in "Le Blanc-Seing" frazionando l'immagine umana e dell'ambiente circostante, confondendo sfondo e primo piano. Soprattutto l'installazione è un punto di "riflessione" non solo visiva, ma anche interiore della persona nella ricerca di se stesso e degli altri.
L'installazione ha avuto un grande successo di pubblico, e sarà l'unica che proseguirà oltre il Festival e resterà installata nella chiesa di S.Agostino per tutta l'estate, facendo da sfondo alle celebrazioni estive che vengono svolte all'aperto nella corte.