Territori Limitrofi
Dal 20 maggio al 4 giugno 2016 presso lo spazio usomagazzino a Pescara.
Residui di un tempo vissuto, raccontano fisionomie che lentamente modificano: lasciano affiorare ogni traccia se più percepibile il nero. Porto fuori dai miei magazzini alcuni vecchi lavori elaborati tra il 1999 e il 2001, già presentati in quegli anni in occasione di esposizioni personali; sono grandi scatole aperte dopo il loro viaggiare o sventrate per essere infilzate ai ganci di un mattatoio dismesso e colorate di nero per dar vita alla “stanza dei minotauri”, che oggi invadono di nero lo spazio bianco di usomagazzino
sempre più interessato alle dismissioni e alla progettazione del vuoto recupero dalla mia memoria fattiva questo tentativo estremo di speranza in un mondo adiacente, forse non ancora del tutto compromesso, da preservare attraverso il colore nero se così a quel tempo scrivevo: “sono sui territori al limite dove intuisco una condizione immaginata e temuta: desiderata e voluta colata lavica a ricoprire...dove affiora ogni traccia, inevitabile, del più leggero passaggio”; e se io stesso avevo segnato con la grafite nera su quel nero di nero steso a pennello sulle scatole aperte, sventrate, dopo il lungo viaggio, oggi scorgo le tracce lasciate in questo tempo di giacenza da lumache in lenti attraversamenti
il nero era nella mia percezione il colore del sud, forse il nero di quei tessuti di lana con i quali le donne e gli uomini del sud si proteggevano dal sole anche in estate, quel nero che avrebbe potuto continuare a nutrire l'anima autentica di quel sud a me tanto caro e che ancora continuo a indicare come direzione dello sguardo volgendo a sud le mappe delle mie architetture
continuo a chiedermi da dove viene questa mia passione per il sud; forse dal desiderio nascosto di essere sempre dalla parte del più debole (non a caso uso il singolare perché non posso vantare l’impegno reale per cause di pluralismo umanitario); forse da una simpatia innata per i capelli neri e gli occhi blu? dalla ricerca continua di luce, di luminosità interiori delle quali appena riesco a percepire l’essenza? dal voler essere sempre allo scoperto nella quotidianità vissuta e nello stesso tempo protetto da recinti simbolici e concreti, da recinti neri e avvolgermi al fine anch'io in un panno di lana nero per ripararmi dalla calura del mezzogiorno di terre arse e essenze odorose delle diverse essenze che incendiano il bosco dei desideri
oggi a volte mi spaventa il nero, forse perché lo associo al colore del petrolio e alle bandiere dell'integralismo e inevitabilmente affiora il ricordo di altri neri che nel corso dei secoli hanno ferito il mondo; tappeti neri infuocati a lutto serrano città e campagne e traghettano residui di umanità vacante vacuamente senza meta alle fauci del tempo, rallentano il tuo passo, attanagliano i tacchi mentre le suole affondano e non puoi scalzarti, sei intrappolato tu che non sei fachiro ma ora schiavo prigioniero dei tuoi mancati progetti quotidiani
ed ecco che allora sovrappongo al nero ancora altro nero a sconfiggere quel nero: la casa poggiata (2013), come portata dagli angeli, costruisce un paesaggio nuovo e viene ancora dal sud, ha attraversato il Mediterraneo il suo marmo nero di Tunisi