Centro Religioso - Sesto Fiorentino - Firenze
Tra "memoria e luogo"
L’architettura è vuoto, tocca a te definirlo.
(Luigi Snozzi)
Lasciando alle spalle la città di Firenze e percorrendo le direttrici che anticamente davano vita alla maglia centuriale nella Piana, passati gli abitati di Terzello, Quarto e Quinto, accarezzando le pendici del limite fisico e geografico del Monte Morello, arriviamo a Sesto Fiorentino.
Nel corso del breve tragitto, sulle tracce di ciò che resta della storia, è facile notare come oggi la Piana si presenta agli occhi del visitatore manifestando il suo sistema caotico e superficialmente causale. Approfondendo la natura del luogo cogliamo quelle tracce che hanno dato origine e misura al territorio, che ancora oggi con forza, imponendo quasi un limite temporale tra l’evoluzione urbana e la tradizione, riescono a trasmettere gli antichi valori tra uomo e territorio.
Sistema indefinito, questo, in cui i monumenti e le ville, un tempo generatrici del territorio e con esso in stretto rapporto, si presentano private di qualsiasi misura e rapporto con il territorio. Portando alla luce le tracce che la Grande Scacchiera ha impresso nella misura dei campi, riemergono anche i tanti rapporti che fin dagli Etruschi e fino al secolo scorso, l’uomo ha intrapreso tra pianura e montagna.
Viale Gramsci, piccolo segmento della maglia centuriale, si è posto nel tempo come limite fisico tra la speculazione edilizia della metà del ‘900 e i monti che autorevoli si impongono come quinta prospettica alla Piana. La Villa in questo sistema paesaggistico si inserisce al centro del rapporto tra l’ultimo frammento inviolato di Pianura e il territorio intriso dei suoi valori rimasti inalterati, manifestati dalla presenza dei numerosi tumuli etruschi e dai solchi di aratro che, come cicatrici del tempo, segnano tutta l’area dettando una regola.
È proprio al centro del rapporto tra ciò che anticamente era conosciuto, quindi la città, e l’infinito, ovvero il non conosciuto, che il progetto trova origine.
Il centro parrocchiale trova la sua misura nell’acto romano, riportando alla luce con estrema chiarezza quelle proporzioni e misure che la centuriazione romana dettò nella storia. L’elemento fondativo del progetto è il recinto, preso nella sua natura di elemento di divisione, di limite e di chiusura tra la città e l’ignoto, che si manifesta proprio in quella parte di Piana in cui l’urbanizzazione moderna ha tralasciato ogni traccia e infranto ogni regola del passato. In analogia tra le più recenti necropoli etrusche, organizzate come veri e propri agglomerati di architetture e una cittadella fortificata medioevale, quindi tra città sacra e città dei morti, il progetto instaura un dialogo stretto con il territorio e la villa, chiudendosi a difesa nei confronti del caos in cui è immersa la Piana.
Aggrappandosi alla strada che collega la villa alla strada e disponendosi ortogonalmente ai segni delle arature, il recinto protegge le attività parrocchiali con il solo volume dell’aula che, innalzandosi oltre la muraglia, annuncia la sua presenza alla Piana. Percorrendo la strada di accesso, entrando lentamente in rapporto con la villa ed i monti, come in un cammino purificatorio, il recinto si spezza dove l’Aula del tempio incontra la villa e il territorio.
Così la “città sacra” si mostra, all’interno, come un chiostro di una certosa o una corte di un palazzo fiorentino nel quale si apre un vuoto che porta al centro del complesso parrocchiale il rapporto tra il sacro, l’aula e la storia, la villa e i monti, lasciando all’architettura il compito di togliere da questo rapporto il superfluo delle recenti urbanizzazioni.
L’Aula diventa il “Dromos”, l’elemento che nega la centralità dell’impianto e porta il fedele dal dialogo con la tradizione al dialogo con la fede, manifestata dalla luce, discreta e pura, che cade da un taglio in copertura in corrispondenza dell’abside concludendo il percorso di fede.