ROSSO PERMANENTE
Materia-
La spoliazione di un luogo, nel caso di una cava, è un atto di modificazione derivante dalla sottrazione di materia che ne genera altra: la costruzione di un manufatto come di un altro luogo. Il pensiero accompagna e determina tale migrazione: un’idea, un bisogno, un desiderio, un sogno si lconcretizzano attraverso un atto di svuotamento. Il piazzale degli Scogli Rossi, frutto di modificazione, è già architettura; è un ventre vuoto che racconta un pezzo di storia della città: la necessità di realizzare un porto innesca meccanismi di relazione e mutazione del luogo stesso.
Materia è il porfido rosso, il mare e la città stessa; la loro interazione costruisce ambiti percettivi ed emozionali densi di significato. Materia è la nuova architettura che solidifica il pensiero in spazio e luce, come a restituire al luogo la materia sottrattale; il cemento commisto a terra rossa, attraverso una svelata mimesi, lega il progetto al luogo generando il monolite “rossopermanente”.
Rosso è anche il filo concettuale che collega la piazza degli Scogli Rossi con la rocca, la città e il porto: a questo apparentemente impercepibile filo si ancorano approdi che guardano l’orizzonte. La continuità e la sostenibilità, più che essere fisica, è data dall’individuazione delle relazioni già esistenti tra le parti e dalla valorizzazione di esse tramite interventi puntuali e di impatto minimo. Gli avvistamenti sono luoghi per pensare, parlare, guardare, leggere o semplicemente fermarsi.
Pensiero-
Un atto risarcitorio: la restituzione come architettura di ciò che al luogo è stato sottratto. All’idea ormai diffusa di fare troppo, si preferisce quella di omeopatica efficacia: l’inserimento in un contesto di un elemento deciso rompe gli equilibri dati e ne germina dei nuovi, dando agli elementi preesistenti un’originale prospettiva e nuova vitalità. La città si incunea tra il promontorio ed il porto e ne sancisce l’unità. “Rossopermanente” è sia concettualmente che formalmente un pezzo di città: la sua struttura geometrica dialoga con le frastagliate anse della cava, impone un nuovo ordine e rinnovate relazioni tra le parti.
Nel suo interno funzioni, giaciture, percorsi, scorci visivi, luce ed ombra ne definiscono il carattere: il ventre, lo spazio profondo e scuro, evoca quello dei nuraghi e delle cave ipogee. Il monolite rosso è anche soglia: segna il passaggio da una condizione di luce piena a quella di chiaroscuro, di percezione libera del paesaggio a quella di prospettive definite. Allo stesso tempo è spazio fluido dove la continuità viene garantita dalla mirata apertura verso il luogo.
Alla stupefacente verticalità della natura il progetto risponde con un’accentuata orizzontalità dell’artificio tanto da divenire elemento mediano
che raccorda la cavea con il mare e la piazza con la città.
La povertà che il concetto di “arredo urbano” ha espresso in questi anni induce a confermare, di contro, che l’architettura nella sua compitezza riesce ad assolvere, come da sempre è stato, a tutto ciò che il luogo richiede. Piuttosto che frantumare con una serie di episodi che rispondono alle necessità dello spazio pubblico, si è scelto di rispondere a questa esigenza concentrando in un unico elemento tutto ciò di cui esso ha bisogno.
Funzione-
Al rigore dell’idea si lega la complessità delle funzioni. In superficie “rossopermanente“ è piazza, platea teatrale, piano sospeso tra la cava ed il mare. È luogo dove la pienezza della luce si staglia sulle incisioni e le inclinazioni che ne permettono la fruizione. La materia si ibrida con la funzione: la plasticità del solido si modella per definire rampe, scale, percorsi, fessure permeabili alla luce. Il piano inclinato è disegnato dalla trama regolare degli innesti per le sedute amovibili della platea e da una teoria di asole (fonte di luce naturale) che di notte, come a rispecchiare le stelle, segnano la “rotta” degli attraversamenti.
Nel suo ventre l’articolazione spaziale esalta l’interazione tra architettura e paesaggio descrivendo una sorta di “promenade architecturale” governata dai forti contrasti di vuoti e pieni, di luci e ombre, così come dalle variazioni di misura e giacitura dei volumi sussidiari che contengono servizi, negozi, bar e depositi. Il “ventre” è luogo di transito e di sosta, di socializzazione e di intrattenimento. All’attacco solido verso la montagna fa da contrappeso una ritmata sequenza di svuotamenti verso il mare.
Due scatole di vetro affacciano sulla scogliera ospitando un ristorante ed una piccola biblioteca; una gradonata, oltre ad essere un collegamento con gli scogli, funge da piccola platea per spettacoli minori da svolgersi su zattere in legno poste tra gli scogli anche a servizio della balneazione. Sono estrusioni spaziali che mettono in relazione fisica e percettiva l’interno con l’esterno; sono come frammenti temporanei che il mare restituisce e riprende con se.
Una passerella di legno si interpone tra l’architettura e la cava. La sua funzione di palco, aperto ad ogni possibile allestimento, si mescola a quella di “via “singolare dove svolgere mercati, mostre o fiere. Questo interstizio mediano dal carattere provvisorio riprende la giacitura del monolite e al contempo si innesta con l’orografia della roccia.
Forma-
“Rossopermanente” è un volume puro conficcato nel suolo reso domestico da tagli e inclinazioni: uno scoglio tra gli scogli. La sua stereometria ne evidenzia la gravità ponendolo come unico gesto risolutivo. Atto di fondazione e reinvenzione del luogo, trova nella sua definizione spaziale e volumetrica la misura e la sua ragion d’essere.
Esalta la longitudinalità del piano su cui è incastrato; rievoca le sfaccettature litiche del luogo mai uguale nelle sue facce; coniuga spazialità contemporanee e memoria. A confine tra carattere temporaneo e permanente la forma restituisce in pienezza la solida fusione tra materia, pensiero e funzione. È sintesi estrema tra “regioni” del progetto che necessariamente devono confinare tra loro o sconfinare fino a con-fondersi. La forma richiede un confronto diretto con la fisicità del luogo: non ci sono mediazioni, metafore, giochi linguistici a giustificare il suo esserci. Con la stessa asperità del luogo, l’architettura definisce la sua ragione.