Restauro del Castello di Garlenda
Restauro del Castello dei Marchesi del Carretto da destinare a centro culturale polivalente
Recuperare il Castello dei Marchesi del Carretto per realizzare un centro polifunzionale di elevato interesse pubblico destinato ad attività culturali, ricreative e quale sede di un museo permanente sulla evoluzione storica delle tecnologie della vinificazione, capace di concretizzare elevati livelli di fruizione specialistica di interesse e gravitazione comprensoriale.
Questo è lo specifico obiettivo che l’Amministrazione Comunale di Garlenda sta perseguendo all’interno di un più ampio ed articolato progetto comprensoriale denominato “La strada del vino e dell’olio dalle Alpi al mare” , mirato alla valorizzazione turistica dell’entroterra albenganese in relazione al quale tale complesso architettonico rappresenta un’occasione eccezionale per sviluppare pienamente le sue consolidate valenze di polarità territoriale, vetrina delle iniziative turistico-culturali dell’ambito, esso stesso volano per lo sviluppo del turismo tramite la valorizzazione del territorio ligure con la sua arte, storia , tradizione architettonica , capace di divulgarne la conoscenza fornendo nuove opportunità di interscambio culturale.
LA STORIA
L’origine del castello risale al XII secolo, quando Anselmo di Quaranta, capostipite dei Della Lengueglia, fu investito da Federico Barbarossa nel 1162. Posto all’inizio della Val Lerrone, divenne presto il più importante castello dei Della Lengueglia, da cui passò, per via ereditaria, prima ai Costa nel 1594, poi ai Del Carretto di Balestrino nel 1717. La forma attuale risale alla fine del XVI –inizio XVII secolo, quando la costruzione medioevale venne ampiamente rimaneggiata assumendo l’aspetto di palazzo fortificato con guardiole d’angolo. Solo nel fronte posteriore rimane la parte più antica, coincidente con la torre poligonale caratterizzata da strette feritoie e scala interna a chiocciola in muratura con gradini in cotto. Al corpo principale fu infine addossato, nel 1832, un nuovo volume articolato su due soli livelli due dei quali occupati dalle cantine. Nel 1840 Goffredo Casalis, nel suo “Dizionario Geografico, Strico, Statistico, Commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna”, descrive così il fabbricato in oggetto : “… Evvi (in Garlenda) un cospicuo palazzo spettante al Marchese di Balestrino; il quale palazzo vi si denomina castello: gli è attiguo un ameno giardino dal quale incomincia una deliziosa passeggiata che va a riuscire in sulla piazza vicina alla parrocchiale…”. Utilizzato quale sede scolastica sino ad una decina di anni fa, è diventato proprietà comunale nel 1996 quale parziale scomputo per opere di urbanizzazione conseguenti ad un intervento di espansione residenziale recente.
CARATTERISTICHE TIPOLOFICO-FUNZIONALI
Il castello, seppur connotato da condizioni di degrado, si configura come elemento territoriale di significativa valenza monumentale e paesaggistica.
Posto a mezzacosta in prossimità della strada statale Albenga- Pieve di Teco in posizione dominante rispetto all’edificato, è caratterizzato da un fronte principale lungo circa 36 metri la cui articolazione denuncia chiaramente le due diverse epoche di costruzione; il più alto, impreziosito da guardiole angolari e da una meridiana, deve la sua immagine attuale ad un rifacimento dell’antico nucleo medioevale databile intorno al 1600.
Aggirando il castello in senso orario lungo la strada che continua ad inerpicarsi sul dorsale collinare, dopo aver scorto la facciata nord-ovest dell’ampliamento ottocentesco, lunga circa 16 metri, si giunge al fronte posteriore ove si può ancora in parte leggere l’antico nucleo originario di origine medioevale, coincidente con la torre poligonale in pietra, illuminata da piccole ferritoie.
Dal fronte principale, attraverso una breve scala d’accesso, si raggiunge l’atrio della zona nobile sul quale si attestano lo scalone di collegamento con i piani superiori, la cappella gentilizia e lo studio del Marchese, ancora parzialmente affrescato ; i locali suddetti hanno pavimenti in cotto ed alte volte a padiglione o a botte, arricchite da unghie e lunette. L’intero piano è completato da altri locali di servizio , quali camere, cucine e dispense, tramite le quali si raggiunge la zona destinata ad ospitare i tini per la vinificazione, inserita nell’ala di più recente costruzione, dotata di pavimento in ciottoli di fiume ed accessibile direttamente dall’esterno.
Al piano inferiore trovano posto la cisterna per il rifornimento idrico e le cantine, anch’esse direttamente connesse alle aree di pertinenza tramite un ingresso posto nei pressi della torre poligonale. Il primo piano, a cui si accede tramite un ampio scalone, ospita la zona nobile della residenza le cui stanze d’angolo sono arricchite da guardiole angolari che consentono ampie visuali sull’intero ambito territoriale circostante. Tramite due strette e ripide scale si accede infine al piano sottotetto, composto da una successione di piccoli locali originariamente destinati a cucine e relativi accessori, la cui connotazione formale è fortemente condizionata dalla complessa articolazione della struttura lignea di copertura a falde. La scala elicoidale ricavata nella torre collega i diversi livelli.
Il manto di copertura del corpo di fabbrica principale è in lastre di eternit a forma di losanghe, analoghe alle lastre in pietra che ricoprono il tetto della torre poligonale; quello del corpo di fabbrica ottocentesco è risolto con tegole marsigliesi in cotto e lastre in pvc .
LA RIORGANIZZAZIONE DISTRIBUTIVA E LE NUOVE FUNZIONI
Il progetto, in coerenza con gli originari utilizzi dei diversi piani, prevede di destinare le cantine ed il piano rialzato a museo regionale del vino e delle attività connesse legate alla tradizione rurale e contadina (le sistemazioni agrarie collinari, l’arte del vetro e dei maestri bottai, ecc.); il piano nobile a centro convegni, sale mostre, spazio per attività specialistiche; il piano sottotetto a ristorante tematico attrezzato anche per la didattica.
Gli interventi di recupero sono stati articolati secondo stralci funzionali autonomi coincidenti con : 1- il recupero del piano cantine, con miglioramento dell’accessibilità per consentire la fruizione degli spazi museali anche a portatori di handicap, attraverso il potenziamento delle connessioni dirette con le aree di pertinenza esterne e l’ inserimento di un impianto ascensore capace di risolvere le connessioni verticali tra tutti i livelli dell’immobile, ubicato in modo da contenere le modifiche degli spazi interni e, soprattutto, tale da non compromettere l’unitarietà compositiva dei fronti e dell’intero corpo di fabbrica; 2- il recupero del piano rialzato con . inserimento di un gruppo di servizi definiti a norma della legislazione vigente in materia di superamento delle barriere architettoniche; il restauro del sistema delle coperture; 3- il recupero dei locali sottotetto con ridisegno dell’assetto distributivo in relazione alle specifiche esigenze tecnico-funzionali della prevista destinazione a ristorante, mediante la realizzazione di due gruppi di spazi serventi; l’uno comprendente i servizi igienici per il pubblico, l’altro la cucina e gli spazi accessori per il personale; 4 - l’ottimizzazione funzionale del piano nobile ; 5 - il restauro dei fronti; 6 - la sistemazione delle aree di pertinenza.
Quanto sopra, inoltre in modo da consentire l’indispensabile autonomia funzionale delle diverse destinazioni inserite che, seppur strettamente interrelate, possono necessitare di autonomi livelli di fruizione.
L’ATTUAZIONE DEL PRIMO LOTTO FUNZIONALE: APPROCCIO METODOLOGICO E CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI DI RESTAURO.
Il progetto realizzato, coincidente con il primo lotto funzionale degli interventi previsti, ha garantito il recupero, architettonico, funzionale ed impiantistico, del piano cantine per creare uno “spazio museale espositivo permanente”, progressivamente implementabile con l’arricchimento della conoscenza e della concreta documentazione non solo della “cultura materiale” strettamente connessa alle tecnologie di produzione del vino, ma altresì estesa a tutte le attività alla stessa correlate, quale testimonianza del complesso processo socio-economico che si è andato progressivamente affinando e modificando in un tempo lunghissimo, integrato da una innovativa enoteca regionale alla quale affidare il ruolo di raccolta, catalogazione e divulgazione delle diverse tipologie di vini presenti in Liguria, importante non solo per la valorizzazione economica del ciclo produttivo agricolo ma anche per la creazione di nuove offerte culturali.
Al fine di correttamente individuare le azioni di restauro, sono state preliminarmente eseguite analisi mineralogico-petrografiche e tessiturali delle malte e degli intonaci con microscopio ottico stereoscopico in luce riflessa e mediante diffrattometria ai raggi X dalle quali è stato possibile individuare due tipologie prevalenti: un intonaco friabile con spessore centimetrico, finito a calce non pura con crudi ed aggregato costituito da calcari marnosi, quarzo, argilloscisti ed arenarie, scarsamente classato con dimensioni massime di granuli di mm 1, caratteristiche mineralogico-petrografiche e tessiturali tipiche di una sabbia locale la malta sottostante con caratteristiche analoghe all’intonaco dal quale differisce solo per le dimensioni più grossolane dell’aggregato ed un intonaco tenace dello spessore di mm 7, finito a calce, caratterizzato da alto rapporto clasti/matrice e legante costituito da calce bianca con crudi; agglomerato costituito da calcari marnosi, quarzo, argilloscisti ed arenarie con granuli della dimensione massima di mm 3 e superficie con presenza di efflorescenze saline con gesso, calcite e quarzo.
Durante l’esecuzione dei lavori si è ritenuto altresì necessario integrare l’attività diagnostica estendendo le analisi a campioni d’intonaco prelevati nella originaria cisterna per l’acqua.
Da esse è emersa la presenza di intonaco costituito da intonachino, con spessore di 4,5 mm circa, formato da legante a base di calce bianca additivata con cocciopesto, con dimensione massima dei granuli di mm 1, sfericità bassa ed arrotondamento dei granuli subangoloso, costituito essenzialmente da quarzo e calcari; al di sopra di esso è stata riscontrata la presenza di una concrezione con spessore di circa 1 mm dovuta ai depositi calcarei dell’acqua.
I saggi stratigrafici sulla struttura delle pareti interessate dal passaggio delle reti impiantistiche hanno invece evidenziato la prevalenza di murature in pietra locale, con intonaco tenace dello spessore di mm 20 finito a calce, legante costituito da calce bianca con crudi ed aggrgato formato da calcari marnosi, quarzo, argilloscisti ed arenarie e coloriture gialla (codice Munsell 2.5 y 8/4) e bianca (codice Munsell 10 YR 9/1).
Presenti solo in alcuni tratti del perimetro murature a struttura mista in pietra locale, soprattutto ciottoli di fiume, e mattoni.
In tutti i locali interni è stato infine effettuato il rilievo dell’umidità, eseguito con umidostato PROTIMETER MINI, avente scala umida compresa tra 6 e 60, che ha evidenziato la presenza di umidità ai limiti della tollerabilità fino ad un’altezza massima di cm 80 dal piano di calpestio; al di sopra di tale quota l’umidità della muratura scendeva rapidamente, sino a valori normali ad un’altezza di cm 140.
Nel rispetto dei caratteri tipologici originari ma anche con la consapevolezza che la vita di un edificio è un percorso attraverso il tempo, inteso non solo come una patina che progressivamente avvolge l’opera costruita bensì come possibilità-opportunità di sostituzione o trasformazione, sono stati pertanto individuati e realizzati sia gli interventi di restauro che di integrazione.
I lavori sono stati condotti ponendo anzitutto particolare attenzione al recupero degli intonaci con azioni differenziate in relazione alle diverse tipologie di degrado: nella fascia inferiore delle murature, dove maggiore era la presenza di umidità, si è provveduto alla le sostituzione impiegando intonaco completo per risanamento , composto da leganti idraulici speciali a reattività pozzolanica, sabbie naturali , speciali additivi e fibre sintetiche; nella parte superiore delle pareti e sulle volte si è invece eseguita l’eliminazione delle sole parti che presentavano distacchi e il successivo ripristino con malta di calce idraulica completata in arenino.
Nel locale originariamente destinato a cisterna per l’acqua, reso accessibile mediante la creazione di un nuovo varco interno a profilo centinato e l’inserimento di una scala costituita da struttura in tubolare di ferro e pedate in cristallo di sicurezza, è stata eseguita la pulitura a secco delle pareti e del pavimento, intonacati, con spazzole morbide; la rimozione dei rappezzi effettuati nel corso degli interventi passati con malte non compatibili e delle porzioni di intonaco ammalorato presenti; l’integrazione delle lacune con intonaco analogo a quello originario e la scialbatura della superficie indurita per meglio risolvere il raccordo con l’esistente nonché la stilatura dei giunti delle superfici in pietra a vista e la sabbiatura della volta .
Tutti i pavimenti in acciottolato, tipologicamente significativi per differenza di pezzatura dei singoli elementi e di tessitura, sono stati ripristinati mediante rimozione del muschio, sostituzione degli elementi mancanti, realizzazione dei raccordi in corrispondenza dell’accesso al locale ascensore e del perimetro della sala botti, lavaggio e spazzolatura finale.
Sì è ritenuto altresì opportuno, data la singolarità tipologica per la presenza di un rivestimento in lastre di ardesia a spacco sia sulle pareti che sul fondo, rendere visibile dall’esterno una delle cisterne per l’olio mediante l’eliminazione di un tratto di muratura perimetrale e la posa di un serramento in ferro verniciato e vetro di sicurezza.
L’adeguamento funzionale del complesso ha comportato altresì l’introduzione di un ascensore e la realizzazione dei servizi igienici al piano rialzato, entrambi collocati in posizione strategica sia rispetto alla complessiva distribuzione dei locali che all’esigenza di contenere la modifica dei sistemi voltati.
Analoga attenzione è stata posta nella definizione dei sistemi impiantistici quali l’impianto elettrico, l’impianto antincendio, la rete fognaria, indispensabili per assicurare più elevati standards qualitati ai fruitori nonché maggiore flessibilità d’uso degli spazi.
Recuperare il Castello dei Marchesi del Carretto per realizzare un centro polifunzionale di elevato interesse pubblico destinato ad attività culturali, ricreative e quale sede di un museo permanente sulla evoluzione storica delle tecnologie della vinificazione, capace di concretizzare elevati livelli di fruizione specialistica di interesse e gravitazione comprensoriale.
Questo è lo specifico obiettivo che l’Amministrazione Comunale di Garlenda sta perseguendo all’interno di un più ampio ed articolato progetto comprensoriale denominato “La strada del vino e dell’olio dalle Alpi al mare” , mirato alla valorizzazione turistica dell’entroterra albenganese in relazione al quale tale complesso architettonico rappresenta un’occasione eccezionale per sviluppare pienamente le sue consolidate valenze di polarità territoriale, vetrina delle iniziative turistico-culturali dell’ambito, esso stesso volano per lo sviluppo del turismo tramite la valorizzazione del territorio ligure con la sua arte, storia , tradizione architettonica , capace di divulgarne la conoscenza fornendo nuove opportunità di interscambio culturale.