Nuova sede degli Ordini e Collegi professionali della provincia di Pistoia
SOLIDA TRASPARENZA
Competition, 4th prize
La vita degli edifici
“L'opera d'architettura trascende l'architetto, va oltre l'istante in cui si compie la sua costruzione e dunque può essere contemplata sotto le luci mutevoli della storia senza che la sua identità si perda con il trascorrere del tempo”. (Rafael Moneo)
Queste parole, tratte dalla raccolta di scritti “la solitudine degli edifici”, ci conducono all'analisi del tempo, del suo concetto in architettura, verso la vita degli edifici. Tutte le architetture, soprattutto quelle che vengono in qualche maniera storicizzate dal tempo (storicizzato vuol dire l'aver assorbito strato dopo strato il valore della storia, l'averlo fatto proprio, nel subirlo o nel costituirlo), sono investite da mutamenti che non si limitano solo alla patina del tempo, dove nell'arte costituisce la causa dell'invecchiamento di un quadro. Sono nell'architettura, il susseguirsi dei cambiamenti che coinvolgono l'edificio, quelli sociali, della cultura, del gusto del luogo, che determinano variazioni planimetriche, distributive, fino ai destini più estremi:gli stati dell'abbandono.
Emblematiche a questo riguardo sono tutte quelle architetture “sconsacrate”, architetture che sembrano essersi fermate in un luogo e in un tempo che non è più, come private del loro essere. L'architettura ex-industriale, (di cui l'area di concorso è parte), è un altro ambito in cui la storia sembra creare spesso vaste rovine. È lui, quindi, il tempo, che muove la ragione degli edifici. Vita e ragione, cultura e tempo, diventano le variabili difficilmente condizionabili, quelle che finiscono inevitabilmente per trascendere l'architetto. Ecco quindi che l'opera d'architettura trascende l'architetto. Lo studio dell'architettura ha poi contribuito, attraverso le definizioni del concetto di tipo (pensiamo a quelle fatte dal Milizia, quelle ridefinite da Aldo Rossi, Rafael Moneo, Carlos Martì Arìs), alla determinazione del legame fra forma e ragione. Ricordiamo questo per meglio comprendere come sia proprio il valore ed il variare della propria ragione, per un'architettura, a costituirne, spesso, la causa dei grandi mutamenti, le variazioni di forma, di funzione e quindi di tipo. La palazzina Coppedè nel corso dei decenni ha visto il mutare della propria, originale, ragion d'essere, come costringendola verso la ricerca della nuova, propria ragione.
Studiandone la storia, ci sembra che essa abbia abbracciato tutti gli ambiti del mutare, dalla funzionalità, quindi il susseguirsi di variazioni distributive degli spazi, la conseguente alterazione di parte dei dettagli architettonici, fino all'estremo destino che abbiamo citato, ovvero: il destino dell'abbandono.
Da queste considerazioni ha inizio lo studio di progetto che porta l'architetto all'analisi dell'essere prima, alla definizione quindi di un possibile essere poi, per questa, dignitosa, architettura ex-industriale.
Il progetto
Intervenire per la ristrutturazione della “storica” Palazzina Coppedè, vuole dire intervenire su un esempio importante dell'architettura ex-industriale delle Officine Breda di Pistoia, area storicizzata della città, legata alla produzione, alla storia dell'architettura novecentesca del luogo. Lo stato attuale di parziale abbandono del manufatto ha comportato, in fase di progetto, l'intera demolizione della parte sud del complesso, salvaguardando, nella sua totalità, la facciata Coppedè e l'interezza delle due prime campate.
Un'architettura industriale abbiamo detto, ed è proprio questa origine, il motore fisico del progetto. L'edificio cambia funzione e quindi identità, certo, pur mantenendo i caratteri fisici del suo essere. Ecco che le nuove volumetrie seguendo il ritmo delle prime due campate iniziano una progressiva alterazione, più o meno lievi mutamenti dei profili, degli interassi prospettici e della copertura verso sud.
Nel più amplio respiro della ristrutturazione urbanistico-architettonica dell'intera area “ex-Breda”, la palazzina Coppedè rappresenta l'importante testimonianza di un manufatto che per troppi anni è stato lasciato al degrado e che solo oggi, attraverso il presente concorso, sembra avvicinarsi verso la possibilità di un suo completo recupero.
Nella complessità della volumetria tutta, la facciata Coppedè rappresenta, nella gerarchia dei fronti, la testimonianza di una prestigiosa architettura.
Il rapporto con la facciata, il mantenimento della gerarchia dei fronti, ha guidato l'intervento progettuale nella consapevolezza di trovarci di fronte ad un'architettura ex-industriale dalle volumetrie ben definite dal suo essere un tipo specifico. Possiamo parlare di gerarchia dei fronti nel momento in cui osserviamo come, nel rapporto con la ricercatezza formale del prospetto nord, gli altri fronti (est, ovest e sud) sembrano assumere la sembianza del non finito, attenti alla sola risposta funzionale privi di una ricerca compositiva. Il progetto si impone di mantenere questo carattere di rispetto formale della facciata nella volontà che questa rimanga di fatto il fronte nobile dell'opera architettonica. Ecco che in prossimità di questa, le due campate nord dell'attuale edificio sono mantenute intatte, nelle loro aperture sui fronti est ed ovest e internamente, nel restauro delle capriate di ferro e degli shed. Queste ospiteranno su due livelli la sede degli ordini professionali.
Partendo dalle prime due campate, si attua, all'interno del progetto un lento e progressivo mutare verso sud nello sviluppo dei volumi, attraverso l'introduzione di un'irregolarità ritmica negli interassi delle nuove tre campate oltre il passaggio coperto, che ospiteranno l'attività direzionale. Questa irregolarità permette il mantenimento del carattere formale dell'edificio storico, la sua identità, legandosi ancora al suo essere architettura industriale, cercando al contempo una corretta risposta alla nuova funzionalità e flessibilità distributiva degli spazi interni richiesti.
Solida trasparenza
Abbiamo parlato di gerarchia nei prospetti, di come la facciata Coppedè debba mantenere a nostro giudizio il suo valore primo nella volumetria dell'intervento, ecco quindi la scelta dell'utilizzo di un sistema di rivestimento della facciata che sia in grado di dare unità formale all'edificio. Si tratta di un rivestimento in lamiera stirata romboidale (memoria dell'antica attività all'interno delle officine San Giorgio) che avvolge l'edificio nei tre prospetti e lungo le falde di copertura. Questa maglia romboidale, fissata con apposite staffe alla lamiera che contorna l'edificio nelle parti piene, sia delle pareti murarie esterne che delle falde di copertura, costituisce il filtro per l'uniforme distribuzione della luce all'interno degli ambienti. Una solida trasparenza, un mantello che possa permettere ai fronti est, ovest e sud il mantenimento di una silenziosa uniformità formale dell'intervento così da riproporre la facciata Coppedè come il primo violino di questa sinfonia architettonica. Una composizione in cui ogni parte sappia mostrarsi in un seguirsi di armoniche assonanze e dissonanze fra le parti, il tentativo in cui la nuova architettura riesca a definire il filtro limite, fra essa e la storia che le è a fianco, divenendo cosa compiuta: nuovi volumi e materiali che sappiano dare ad ogni spazio il proprio suono. Si sa che “in architettura la storia dei cambiamenti è la storia delle nostre azioni e delle nostre idee che sembrano talvolta trascendere e percorrere la presenza stessa di chi è chiamato a rappresentare e a farsi soggettivamente attore di quei cambiamenti e di quelle stesse idee. Se così non fosse, la costruzione dell'edificio diventerebbe qualcosa di unanime, di pacificamente collettivo, di deterministicamente succube delle famigerate necessità storiche e, quindi, musicalmente inutile” (Luciano Berio, Un ricordo al futuro).
Nell'approccio al contrasto fra vecchio e nuovo il rivestimento dell'edificio diviene si, scelta di un “contrasto complementare, dove il nuovo è ovviamente originale ed in contrasto con l'esistente” (Steven Holl), ma osserviamo come nel nostro caso questi miri a divenire, nel suo svilupparsi di uniforme leggerezza sulla totalità delle superfici, neutra astrazione emotiva verso le architetture che lo fronteggiano in questa parte di città.
Flessibilità e multifunzionalità
Alla ragione degli edifici, la loro origine, il suo mutare nel tempo, si legano i concetti di flessibilità. Queste variazioni le abbiamo viste svilupparsi nell'unità del tempo che ne ha ridisegnato le funzioni, quindi flessibilità e multifunzionalità relative alla “ragione dell'edificio”. Ma sappiamo esistere nell'architettura anche una flessibilità che determina la possibilità di variazioni planimetriche, cioè distributive, dei nuovi spazi. Intervenire su un edificio che ha perso la funzione d'origine, significa anche doverne ridisegnare le possibilità distributive. Per la parte di edificio relativa al direzionale, nel suo sviluppo lungo le tre campate sud dell'area, la tessitura strutturale dell'intervento permette una distribuzione planimetrica che si muove verso la possibilità di rendere gli spazi interni aperti verso le molteplici frammentazioni. È questo un nuovo edificio che mira a mantenere, come la parte ospitante la “sede degli ordini” nelle prime due campate, l'aspetto di padiglione, legandosi volumetricamente (con il disegno dei prospetti e l'andamento irregolare delle falde di copertura) e nello sviluppo planimetrico al carattere proprio (quello che ne ha definito l'identità industriale) del padiglione Coppedè, divenendo unica, compatta, unità tipologica.
La composizione dei prospetti
Il rivestimento dell'edificio è costituito da pannelli (106 x 259 cm) di lamiera stirata in alluminio anodizzato naturale a maglia romboidale, soprastanti a pannelli pieni in alluminio. Questa scelta permette di proteggere la superficie delle facciate esistenti divenendo altresì filtro fra il nuovo e la storicità dell'esistente. L'uniformità del rivestimento che si stende lungo le facciate est, ovest, sud e sui dodici piani delle falde di copertura, contribuisce, assieme al disegno delle linee prospettiche al divenire dell'intervento una sola unità nonostante la molteplicità delle funzioni a cui è destinato. Su questi piani lineari, nuovi tagli di luce, aperture dalle diverse dimensioni, assieme a quelle esistenti delle due campate a nord, definiscono l'equilibrio nella composizione dei prospetti. La tessitura della lamiera di rivestimento, l'inclinazione della sua maglia, costituiscono un filtro per l'illuminazione degli spazi interni. Dal punto di vista esecutivo, l'ancoraggio del rivestimento alle murature perimetrali ed alle strutture di falda risulta estremamente semplice, essendo realizzato con staffe puntiformi per quanto riguarda la rete più esterna e con staffe a omega per i pannelli pieni. Trattandosi di pannelli modulari leggeri, anche la manutenzione risulta molto semplificata, potendo eventualmente smontare e rimontare porzioni più o meno estese con elementari operazioni di avvitatura.
La Sede degli Ordini e Collegi professionali
Nella progettazione della nuova sede degli ordini, si è trattato di intervenire all'interno di una parte dell'edificio esistente, nel mantenimento della sua struttura, in particolare per le capriate in ferro, relativa alle prime due campate nord e ri-elaborare uno spazio interno aperto alle nuove funzionalità. Le problematiche distributive, vengono risolte dalla realizzazione di un solaio “libero” dal perimetro dell'edificio, in posizione asimmetrica rispetto agli assi baricentrici del volume, così da sfruttare nella loro interezza le dodici aperture dei fronti laterali. Come un'architettura nell'architettura, un volume nel più ampio spazio interno, fatto di cemento, vetro e stoffa, questo definisce gli spazi distributivi dei vari ordini.
Al piano terra, nella distribuzione degli ambienti si evidenzia una parte centrale comune che ospita l’atrio d'ingresso, la portineria, il blocco servizi e la sala polifunzionale alla quale si accede attraverso il filtraggio di una zona di reception. L’uscita dalla sala avviene da uno dei due portali della facciata Coppedè, ridisegnato nell'intelaiatura degli infissi. Intorno a questa area centrale, ambienti a servizio dei vari ordini (biblioteca, archivio, tre salette collegate alla grande sala e due sedi per gli ordini, OP.06 e OP.07, si caratterizzano di pareti semi mobili, piani scorrevoli che permettono di garantire l'indipendenza ad ogni funzione e contemporaneamente mantenere all'interno dell'involucro la caratteristica di spazio unitario, evitandone la rigida frammentazione. In un ideale percorso interno all'edificio si è voluto concentrare la nostra progettazione verso degli spazi che possano cambiare l'emotività di ritorno, ovvero un susseguirsi di diversificate sensazioni. Ai piccoli blocchi statici dei servizi, si contrappongono aree che si dilatano attraverso lo scorrere dei pannelli mobili e ancora momenti in cui la spazialità del doppio volume lungo tutto il perimetro interno, fra le facciate ed i nuovi ambienti, ci apre lo sguardo verso l'interezza degli spazi con il mostrarsi delle grandi capriate in ferro. I doppi volumi negli ambienti comuni permettono così una dilatazione fisica e visiva degli ambienti. La scelta dei materiali è mirata alla necessità di realizzare l'identità di un ambiente dalle tonalità “neutre”, pavimentazione in cemento lucidato, pareti e pannelli divisori scorrevoli in tonalità di grigio, tende in fibra di lino bianco e metallo danno a questo spazio l'immagine cercata. Al piano superiore gli uffici dei cinque ordini professionali (OP.01, OP.02, OP.03, OP.04, OP.05), ciascuno di una superficie 45 mq circa, sono distribuiti intorno allo spazio centrale su cui si aprono i servizi comuni.
A questo livello i nuovi ambienti, liberati dal perimetro delle facciate, si aprono sul doppio volume degli spazi distributivi perimetrali sottostanti, attraverso pannelli in vetro traslucido, piani mobili utili a filtrare la luce delle aperture sui fronti laterali est e ovest. Questi ambienti saranno coperti da un piano fatto da telai in metallo e pannelli semitrasparenti che filtrano l'uniforme diffusione della luce proveniente dai grandi shed. La scelta di separare il nuovo dal suo involucro permette il mantenimento del carattere originale all'interno edificio, le pareti perimetrali, falde di copertura con gli shed. Tutti gli accessi all'edificio, quello sulla facciata Coppedè, i due laterali (uno alla biblioteca a est e l'altro di servizio a ovest) e il principale, all'interno del passage, sono inscritti in un portale di metallo verniciato nero che aggetta dal filo della facciata.
Il passage
Situato al termine della seconda campata, fra la sede degli Ordini e il complesso direzionale, come una frammentazione dell'unità volumetrica, il passaggio coperto, area pubblica di sosta ed ingresso all'edificio, si anima di due volumi in cemento rivestiti da pannelli in vetro sabbiato traslucido. Un'intercapedine fra la parete in cemento e il rivestimento di vetro permette il posizionamento di lampade al neon che illumineranno la sera questi volumi dandogli leggerezza e richiamo visivo. Questo spazio diviene quindi zona-filtro fra le due parti dell'intervento, la trasparenza dei vetri traslucidi, la luce al neon generano filtro e riflessione fra l'esterno e l'interno, una sensazione di passaggio (passage appunto) fra spazi e stadi emotivi (non solo fisici) diversi. Due rampe di scala permettono di raggiungere le terrazze sul piano di copertura dei due volumi a servizio della caffetteria. In questo la funzione diviene ragione dello spazio, lo anima generando possibili accadimenti. Queste due “sculture di luce” ospiteranno una l'accesso al parcheggio interrato dell’intero complesso e l'altro il blocco delle centrali. In questo spazio di passaggio, gli accessi all'edificio si inseriscono all'interno di telai in metallo nero ritagliati sul piano delle facciate laterali, piani in pannelli di vetro satinato.
Il complesso direzionale
La superficie utile lorda di 1200 mq adibiti ad uffici e spazi commerciali si distribuisce su due livelli lungo tre campate nell'irregolarità ritmica degli interassi. L'accesso, attraverso il passage coperto avviene all'interno di un atrio comune, linea di luce longitudinale nella planimetria, su cui si apre verso sud una piccola corte interna. Nello studio per la distribuzione degli ambienti interni, si è voluto che questi potessero assumere l'identità di spazi liberi, diremo che legano il loro divenire al tempo, a coloro che ne diverranno i fruitori. Ecco quindi la flessibilità che anima questi spazi, permessa dall'indipendenza delle singole unità, ognuna con i propri volumi svincolati dalla struttura, destinati alle funzioni di servizio.
Il piano terra viene diviso in quattro unità direzionali (D.01 di 55 mq, D.02 di 63 mq, D.03 di 121 mq, D.04 di 94 mq) il cui assemblaggio attraverso l’apertura di ampli passaggi fra le singole unità permette la dilatazione di questi, nelle possibili, future versioni VD.01, VD.02. Due unità commerciali (C.01 e C.02 di 78 mq ciascuna) si aprono sul fronte sud verso l'area pedonale della “spina” centrale con ampie vetrine verso il passante, vuoti nell'equilibrio del prospetto. Anche per queste due unità, è prevista la possibile addizione verso un'unica unità VC.01 di 156 mq.
Il primo piano viene occupato da altre quattro unità direzionali, (D.05 di 56 mq, D.06 di 145 mq, D.07 di 205 mq, D.08 di 94 mq) con il loro assemblaggio in tre variazioni di tipo VD.03, VD.04 e la VD.05 che occupa l'interezza della superficie del piano.
La flessibilità di questo sistema direzionale, è quindi prodotta attraverso la possibile addizione delle singole unità spaziali, libere all'interno di questo involucro architettonico, maglia romboidale di rivestimento che permette l’illuminazione uniforme degli ambienti.
Al primo piano, gli uffici vengono illuminati dall'apertura di lucernari, ritmica composizione del quinto prospetto di copertura e dai vuoti aperti sui piani delle facciate laterali est e ovest.
Il parcheggio pertinenziale
Viene proposto ai due piani interrati posti sotto le tre nuove campate destinate ad uffici e commercio. L'accesso carrabile avviene, tramite due brevi rampe, dal parcheggio pubblico interrato sottostante la spina centrale dell'area ex Breda, mentre il collegamento pedonale è servito dal gruppo scale-ascensore di tipo “protetto” con accesso nel passaggio coperto centrale dell'edificio. Ai fini delle uscite di sicurezza contribuiscono anche le rampe carrabili che consentono un rapido raggiungimento delle scale pubbliche a servizio del parcheggio sub spina. La circolazione interna risulta estremamente semplice, con due corsie centrali a senso unico e posti auto collocati sul perimetro.
La collocazione del parcheggio, oltre ad ottimizzare le diverse modalità di percorso, semplificherà al massimo la fase esecutiva dato che non saranno necessari impegnativi sotto-scavi delle strutture esistenti da mantenere. Inoltre risulta possibile realizzare un'efficace ventilazione naturale dei piani interrati grazie agli ampi cavedi-scannafosso posti lungo le pareti laterali est ed ovest.
Ciascuno dei due piani presenta circa 620 mq netti, in cui sono facilmente collocabili 24 posti auto, per un totale di mq 1.240 e 48 posti auto, valori superiori ai minimi normativi prescritti per l'intero complesso edilizio (mq 1130 corrispondenti ad almeno 45 posti auto).
Il carattere della luce e le energie rinnovabili
La geometria delle coperture, esistenti e nuove, associata all'orientamento nord-sud dell'edificio, consente un'ottimale fruizione della luce solare, sia in termini di illuminazione naturale che di sfruttamento energetico. Del resto, tutto il progetto può essere letto come una ricerca di valorizzare il ruolo della luce solare, sia sul perimetro che all'interno dell'edificio, prendendo spunto dall'idea originaria dei grandi shed industriali ma proponendo anche l'impiego delle più moderne tecnologie nel settore delle energie rinnovabili.
L'edificio mira ad un'integrazione totale di queste tecnologie nell'architettura, il che significa riuscire ad equilibrare gli aspetti tecnici ed estetici dei componenti della tecnologia fotovoltaica e della tecnologia del riscaldamento solare con quelli dell'involucro edilizio, senza compromettere le caratteristiche funzionali di entrambi. Una corretta integrazione architettonica riesce a far coincidere la capacità di produrre energia elettrica e termica sul luogo della domanda con la qualità estetica dello spazio che lo contiene, ma significa anche filtrare e modulare l'ingresso della luce naturale nell'edificio in modo non solo da evitare surriscaldamenti e riverberi luminosi ma, anzi, da innescare favorevoli circolazioni termiche interne al volume abitato.
In questa ottica, l'edificio integra nel sistema d'involucro circa 100 mq di pannelli fotovoltaici in grado di produrre almeno 9 KW (pressoché sufficienti all'alimentazione degli impianti a comune del complesso) e circa 20 mq di pannelli solari (in grado di soddisfare completamente la domanda di acqua calda nell'edificio e anche di contribuire in modo apprezzabile al riscaldamento). Naturalmente si tratta di dati numerici che possono essere agevolmente incrementati, in relazione alla propensione all'investimento da parte degli utenti ed ai contributi economici attivabili nel settore, grazie all'ottima esposizione, angolazione e dimensione delle falde di copertura.
Pur se l'obiettivo di un edificio auto-sufficiente in termini energetici non è realisticamente raggiungibile, tenuto anche conto della necessità di un'elevata meccanizzazione del condizionamento estivo ed invernale per ottenere un adeguato confort in spazi interni tra loro molto differenziati per uso e dimensioni, tuttavia i particolari esecutivi e lo schema di impiego della risorsa solare esposti nei grafici possono aiutare ad interpretare l'impostazione ambientale del progetto.
Le strutture dell'edificio
Si devono distinguere tre aspetti: l'adeguamento delle strutture esistenti da mantenere, relative alle prime due campate nord con copertura a shed metallici, destinate alla Sede degli Ordini professionali ed alle funzioni connesse; la realizzazione di un nuovo impalcato all'interno della stessa porzione; la costruzione di un nuovo corpo a destinazione direzionale e commerciale nella parte meridionale.
Premesso che queste tre strutture, per evidenti ragioni statiche e sismiche, dovranno risultare tra loro indipendenti in elevazione, tramite distacchi o giunti di adeguata dimensione, i criteri di intervento sono in sintesi i seguenti.
Per quanto riguarda le strutture esistenti da mantenere, si osserva in primo luogo il mirabile equilibrio espresso dalla leggerezza delle capriate metalliche composte da snelli profilati assemblati tramite piastre nei nodi, sulle quali non si propone alcun intervento salvo un'adeguata manutenzione ed un eventuale miglioramento delle connessioni d'appoggio soprattutto in relazione ad eventuali azioni sismiche orizzontali. Per quanto riguarda l'effettiva rigidezza dei piani di falda, costituiti da un impalcato in tavelle di laterizio con soprastante soletta (probabilmente in c.a. alleggerito ed armata con rete metallica) sostenuto da arcarecci in profilati metallici tipo NP orditi orizzontalmente, eventuali carenze potranno essere colmate con semplici strutture metalliche a controvento di falda, quali ad esempio tiranti a croce. Le murature in laterizio, che contornano le due grandi campate e che costituiscono il sistema portante verticale, presentano buone dimensioni di spessore e nervature ben distribuite. Tuttavia, tenuto anche conto della loro rilevante altezza, sembra opportuno migliorarne la resistenza alle azioni orizzontali per mezzo di locali interventi di placcaggio con doppia lastra di betoncino armato, sia per compensare variazioni di rigidezza dovute alle variazioni nelle masse murarie. Naturalmente questa tecnologia non verrà applicata indiscriminatamente su tutte le pareti (ad esempio sarebbe inapplicabile sulla facciata nord del complesso per ovvie ragioni storico-architettoniche) ma potrà essere localmente sostituita dall'inserimento di pilastri metallici in breccia. Per quanto riguarda le fondazioni, in assenza di specifiche indagini, si possono ritenere attualmente in sufficienti condizioni di equilibrio statico, rimandando alla fase pre-esecutiva la verifica sulla necessità di eventuali rafforzamenti. In sintesi, mantenendo inalterati gli schemi strutturali attuali, si propone un'ipotesi di progressivo miglioramento della resistenza statica e sismica fino a garantire sufficienti livelli di sicurezza anche sotto il profilo sismico.
Il nuovo impalcato indipendente all'interno della stessa porzione nord, sarà realizzato con una soletta piena in cemento armato sostenuta da pilastri e setti dello stesso materiale. Il ricorso al cemento armato pieno sembra ideale per distribuire senza particolari condizionamenti gli spazi del primo piano delimitati con pannelli in vetro traslucido sorretti da telai metallici di tipo puntiforme. Il corpo meridionale presenta struttura completamente nuova ed indipendente, costituita da due piani interrati e due piani fuori terra. La struttura viene impostata su due ampie campate di solaio sostenute da tre telai longitudinali (due perimetrali lungo i fronti est ed ovest ed uno interno centrale) che arrivano a sostenere le falde di copertura. Pur essendo evidente che tale schema consente l'impiego di diverse tecnologie strutturali, si propone la realizzazione di telai a setti e travi in cemento armato sostenenti impalcati interni che, per ragioni di luce libera e di carico, si ipotizzano di tipo prefabbricato in c.a.p. oppure a soletta piena di c.a. gettato in opera. In copertura le falde si sostanziano in grandi travi-parete in c.a., eventualmente prefabbricabili.