SCAVARE MEMORIA
La memoria dell'olocausto è una voragine nella coscienza della città di Varsavia. La capitale polacca venne rasa al suolo nel 1944 dall'armata nazista. Si presenta ad oggi come una realtà confusa, disseminata di eventi architettonici non in relazione fra loro. Il tentativo è di restituire alla città un Memoriale del presente, che tramite il disvelamento dei tracciati e i segni della città storica riconosca la propria vera identità.
Varsavia è una città dai mille volti o dal nessun volto.
Come è vero che ricordiamo una città per le sue peculiarità: Roma per i resti di una civiltà, New York per l’unicità dei suoi grattacieli e Parigi per "les grands boulevards"; in Varsavia risulta difficile trovar un volto, un’anima che ne faccia percepire l’identità. L’architettura contemporanea nella capitale polacca, appare come il susseguirsi di linguaggi casuali e contrastanti: il proliferare di grattacieli, la sequenzialità di blocchi residenziali, l'isolamento di piccoli edifici storici in rovina. Risulta difficile estrapolarne un pensiero comune. Appare piuttosto un insieme disconnesso di fenomeni architettonici, sedimentati nel corso della storia, estranei gli uni dagli altri. La ragione è da ricercare nella sua storia. Nel settembre del 1939 Varsavia venne occupata dalla armata nazista. Nel 1940 venne istituito dal regime il ghetto di Varsavia, il preambolo alla deportazione semita nei campi di concentramento. Nel 1944 Varsavia venne distrutta dai bombardamenti comandati da Hitler. Le vite dei migliaia di polacchi furono annientate, la città rasa al suolo, la sua storia cancellata. La successiva ricostruzione della città è stata lenta e progressiva. Nel corso dei decenni è stata costruita una Varsavia nuova, un’altra città, che poco aveva a che fare con quella precedente. Nuove strade, nuovi edifici, nuovi tracciati. Tuttavia, la sferzante volontà di guardare al futuro nasconde in seno una forte minaccia: la dimenticanza. Se dimenticare trasforma conseguentemente l’individuo in complice della tragedia, la memoria rappresenta non solo una dovere, ma una priorità. Scavare memoria significa ricordare. Il tema è riconnettere Varsavia ai tracciati, ai segni, agli elementi che facevano parte della realtà storica ma che non sono più visibili nella città contemporanea. Il fine è quello di restituire alla città un memoriale del presente, che fondi le sue radici nella storia per erigersi a fortezza della memoria per la Varsavia di oggi. Il soggetto del lavoro è un complesso residenziale storico, situato in Ulica Walicòw, attualmente nel distretto Wola. Gli edifici di Walicòw 10/12/14 durante l’occupazione nazista rientravano nella porzione di città ghettizzata. La loro costruzione risale a fine ‘800. Oggi si presentano come un corpo mutilato, ma che nonostante le torture subite nel corso della storia, è rimasto stoicamente in piedi. Walicòw è dunque un simbolo della resistenza, della speranza della città di Varsavia. Scavare attorno a Walicòw rappresenta l’atto architettonico che tenta di rimettere in scala l’edificio rispetto al suo intorno, in continua crescita, andando alla ricerca delle rovine della città precedente. La geometria delle rovine è il punto di partenza per progettare una piazza inclinata sul versante nord del lotto, in cui parallelepipedi estrusi dal suolo creano un nuovo luogo di relazione per la città, a fronte di una quinta scenica che accoglie i visitatori in un imponente ingresso. Al livello -9 metri le antiche volumetrie degli edifici distrutti sono state riprese per creare un memoriale: si compone una successione di volumi estrusi a diverse altezze e coni di luce. Un segno taglia in modo dissonante la successione dei cubi: un nuovo corso, una nuova lettura del passato. In generale il lavoro si compone come un progetto di sottosuolo, che va alla ricerca della preesistenza per potersi comporre in modo rispettoso della storia di Varsavia e di Walicòw.
Infine, se è vero che la memoria è una delle categorie archetipiche della nostra coscienza, la sua trasposizione in architettura risponde alle forme dei primordi. Dunque gli spazi della memoria sono spazi stereotomici che si stagliano nella pietra richiamando il mondo ctonio: l’architettura della caverna, che fa della terra, della pietra e della luce zenitale i suoi unici elementi compositivi.