Nyima Lhakhang _ La casa del Dio Splendente
Progetto di Tesi _ Il linguaggio del Mandala nella nuova progettazione architettonica
Pensare e disegnare un luogo ricettivo ed espositivo per dare una risposta al grande aumento di turismo in questi luoghi e musealizzare reperti e sculture storiche che al momento non trovano uno spazio adeguato, sono stati gli obbiettivi focali di questa ricerca progettuale.
È stato necessario capire quali fossero l’approccio e il linguaggio corretto per lavorare in questo territorio; trovare un linguaggio della tradizione che fosse però in grado di dare una risposta alla necessità del mondo contemporaneo.
La soluzione è stata trovata negli scritti di Charles Correa e nella sua concezione dell’Oriente attraverso il Mandala.
Mandala inteso come dispositivo spaziale contemporaneamente applicabile in pianta e sezione, garanzia per il controllo di sequenze complesse.
Dispositivo geometrico e approccio mentale, ordine e disposizione che Correa applica secondo tre temi fondamentali:
Il vuoto; di per sé tema fondamentale del mandala.
Assume solitamente una posizione centrale nella composizione.
È luogo comune di condivisione e scambio, vero e proprio aggregatore spaziale, fulcro attorno al quale si complementa il costruito e lo spazio dell’opera.
L’ incastro; tecnica con la quale assume definizione il mandala.
Metodo di complessità compulsiva, che ha vita grazie a quelle condizioni di compresenza e ambiguità, che nel mindset orientale fanno si che tutto esista e tutto abbia un proprio ruolo
I mondi di mondi; ci illuminano rispetto a quella forma mentis che concepisce quel sottile ma infinito equilibrio di compresenze.
Scatole di scatole, pieghe di pieghe. Perchè nel mandala persino il vuoto non è un volume unico, ma soggetto a diverse gradazioni: vuoto, supervuoto, grande vuoto, vuoto assoluto.
I mondi di mondi ci conducono in un continuo e tentacolare susseguirsi di salti di scala.
Ogni cambio scala è un tuffo in un nuovo mondo, allora anche il singolo dettaglio rappresenta un mondo ed è, a sua volta, contenitore di altri mondi.
Così l’opera architettonica è solo una tessera di un mondo di dimensioni maggiori. Opera a misura d’uomo e contemporaneamente a misura della collettività intera, dove si definiscono e si articolano i differenti e progressivi gradi di intimità, secondo un sistema nel quale i vari ambienti dialogano tra di loro per mezzo di una continuità regolata da un attento lavoro di aperture sulle superfici di confine, veri e propri diaframmi, regolatori di luce, aria e riservatezza.
Partendo da queste idee e utilizzando la residenza attuale dei monaci come modulo mandalico primo, si è delineata una maglia, un “mondo di mondi”, capace di mettere a sistema tutte le operazioni progettuali svolte.
Esiste una forte relazione tra le uniche due costruzioni presenti all’interno del complesso non solo dal punto di vista dell’orientamento rispetto alla luce solare ma anche di collocazione.
La maglia costrutita infatti tiene assieme perfettamente i due edifici e ci convince che la scelta progettuale non sia stata casuale.
Definito il linguaggio serviva trovare una forma del progetto, una tipologia per questo luogo in grado di far coesistere spazi ricettivi e museali.
Non si è inventato niente di nuovo ma ricercato nella tradizione locale qualcosa di già sperimentato in grado di parlare attraverso geometrie e tecniche costruttive compatibili.
Oggi grandi fabbriche dismesse diventano centri del commercio, palestre, farm lab...ma nel passato anolagamente le basiliche romane prima di diventare luoghi di culto religioso per i cristiani erano spazi destinati alle grandi riunione pubbliche.
La tipologia architettonica è ciò che vale e non varia; la funzione che svolge al contrario può benissimo non essere la medesima per sempre.
Ecco che il pozzo a gradoni, architettura massima del contesto indiano, nata nell’antichità per soddisfare la fondamentale funzione di raccolta dell’acqua piovana, è diventato nel tempo luogo sacro e successivamente perfino collocato ai piedi di residenze imperiali.
Le complessità spaziali che caratterizzano questi luoghi diventano comprensibili e in qualche modo scontate, se si utilizza il mandala come chiave di lettura.
Una volta affrontati questi temi e trovate le analogie la sfida è stata quella di pensare al pozzo come ad uno spazio da abitare.
Un'architettura non più destinata solo all’ immagazzinamento dell’acqua o alla scenografia religiosa ma un luogo di sosta e di musealizzazione della storia indiana.
Il mandala viene utilizzato come dispositivo gerarchico sia nelle piante che in sezione come suggerisce Correa e permette di pensare a quattro piani ipogei che ospitano stanze d’ostello e spazi museali scenografici.
La luce fa da padrona nel progetto e sembra essersi ricavata da sola la geometria degli spazi seguendo le regole precise fornitele dal mandala.
La scarsissima reperibilità di materiale da costruzione e le temperature molto rigide di questi luoghi remoti ha obbligato la tradizione edilizia a entrare nel suolo e non a starci sopra, motivo per cui il progetto lavora esclusivamente per sottrazione di materia e mai per addizione.
L’orientamento al sole è il medesimo degli edifici esistenti e permette di avere la massima esposizione durante tutto l’arco della giornata sia d’estate che nel freddo inverno.
All’ultimo livello trova spazio il centro della composizione: l’acqua, lo spirito, il vuoto.
È luogo comune di condivisione e scambio, fulcro attorno al quale si complementa il costruito e lo spazio dell’opera.
Lavoriamo in un contesto totalmente globalizzato dove più un’architettura “funziona” incondizionatamente da luogo, cultura e storia, più viene presa in considerazione.
Non c’è nulla di sbagliato nell'usare linguaggi architettonici che provengono da altre culture per progettare nella propria ma quello che non è possibile, è il pensare di usare questi con la convinzione di essere innovatori, una sorta di fondatori di un nuovo linguaggio architettonico mai utilizzato prima.
L’intenzione progettuale in questo lavoro ha corso nel binario opposto:
pensare, in un contesto così impregnato dalle proprie tradizioni, una forma d’architettura che tenuto conto dei bisogni della contemporaneità, trovi innovazione nella storia del proprio luogo.