Lo Strato, lo Zoccolo, il Dono
Progetto Premiato - Primo Premio 2018 Accademia Adrianea di Architettura e Archeologia.
LO STRATO
Primo processo è quello di purificazione. Prima ancora che tutto si manifesti, la teoria è il processo grazie al quale il progetto mette da parte tutto il non-detto (l’ambiguo) per non interferire negativamente con la fase embrionale delle idee. La Theoría si esprime per de nizioni prima che per immagini.
Nell’approccio mentale greco il sapere coincide con il vedere.
La forma succederà a questo processo di chiarificazione.
L’Acropoli è il risultato di una naturale aspirazione: quella di guardare verso l’alto, ragionare verso l’alto, puntare all’akros.
L’aspirazione di un popolo, (seppur tramontato) trova, nella sintesi formale, la più forte di ogni futura interpretazione.
Il processo ascensionale è alla base dell’approccio progettuale che si lega al topos dei luoghi e alla loro stratigrafia.
Una società è stata fondata su quella roccia. La sua stratigrafia, come in questo caso, è un libro fatto di pagine che sono tutte fatte di roccia. Ogni suo capitolo-strato è il racconto di una storia che si ripete; come un sismografo, può segnalare solo due dati: le ascese, le discese.
Perché esista il mito, le seconde non sono meno importanti delle prime.
La prima scelta, ha preso in considerazione l’idea di non toccare il libro, strapparne le pagine, violarne il racconto.
Il progetto lavora sulla sua copertina, ricopre ma mai ri-copre; lavora sullo strato che è più immediatamente portatore del messaggio visuale-formale (estetico) di ciò che è in profondità (metafisica).
Incidere, ferire, tagliare, scavare, non sono i temi
del nostro progetto.
L’intrusione deve coincidere con l’atto stesso di mediazione. Tra due culture che si guardano, ma mai si copiano.
Il moderno, e la sua accezione carica di Nichilismo, svolge un ruolo sub-ordinato e per questo fuori-luogo nei confronti del racconto classico.
Una volta nel temenos, ogni aggiunta violerebbe la sacralità del recinto, ogni atto non potrà che essere solo un dono a questi.
Prima del dono, l’impronta. Lo spazio entro il quale questo può avvenire. Indicare più che creare.
Questo vuol dire far sì che nel futuro qualcosa accada.
Il progetto farà si che che alla ne di un percorso possano avere luogo i due “momenti culminanti dell’esperienza visiva”.
A: vedere gli dei (theoí) faccia a faccia. B: vedere come gli dei (theoí).
Rizzi
LO ZOCCOLO
Processo: radiogra a dell’Acropoli e, successivamente, emersione.
Operazioni di “scavo” che hanno interessato l’area circoscritta all’interno del temenos sacro riportano (riproiettano) sulla crosta in-violabile dell’acropoli la propria ombra.
Progetto di ombre.
Proiezione sul suolo grazie alla luce di Apollo. Una piastra, che è esso stessa con ne, come un ume che riempie gli argini che la costringono, governata dall’emersione (arti zio) della parte più “nobile” di questa. La materia che la caratterizza è scissa a seconda del proprio grado di nobiltà. La pietra arenaria, al contatto, si sedimenta sulla crosta per tutto i corso del fiume-percorso.
Il marmo, ogni suo blocco, è argine del fiume. Le tracce sono registrate dal progetto.
Murature di contenimento riemergono per svolgere la loro funzione originaria, quella del contenere, funzione che il progetto in questo caso non snatura. Il Muro Pericleo recide la colmata persiana segnalando uno strappo che la storia dell’Acropoli aveva saldato. Operazione di rammendo che ha però fine di denunciare prima che di accorpare.
I percorsi sono rimandi che da epoche passate si palesano sotto forma di una celebrazione.
La religione è in ogni suo passo che porta dall’ingresso dei Propilei alla parete est del Partenone. Il progetto consente in questo senso di relegere (ossia ripercorrere o rileggere secondo Cicerone) l’Acropoli e i suoi superstiti (le sue fabbriche).
L’aggiunta ragiona per Analoghia.
È tempo che un nuovo tempio si erga ad integrazione di questa scenogra a sapientemente imbastita di cui Dioxiatis ne è stato discepolo postumo.
L’idea è che in futuro qualcuno “altro” possa cogliere questo come suggerimento più che come “dato di fatto”.
Crepidoma
Racconto per strati in ordine ascensionale.
Symetria, Santuario di Pandion 430 a.C.
Recinto sacro, posto al termine della via sacra appena a sud-est del muro costruito da Cimone (471 a.C.). Era un heroon (luogo sacro dell’eroe) dedicato a Pandione, re di Atene.
Il primo santuario risale probabilmente al primo periodo classico, esso stesso ricostruito intorno al 430 a.C.
Recinto, formato da due recinti, rettangolare a cielo aperto, dimensioni 40 m x 17,5 m, separato in due parti da un muro.
Tempio Ipètro secondo Vitruvio, “a cielo aperto”, privo di copertura, tra gli unici al mondo del suo genere.
Rimozione-Epurazione, Museo dell’Acropoli (1865-1874)
edificio costruito nella parte orientale dell’Acropoli, chiuso nel 2007 per ricollocare la sua collezione all’interno della nuova sede ai piedi dell’Acropoli 2009.
Gradus, il Crepidoma 2018 d.C.
Costruite le fondamenta, si collocano per piani orizzontali gli stilobati.
Krepis, gradinata periferica dei templi. Il numero dispari dei gradini sarà giusti cato oltre che dal movente religioso secondo Vitruvio, anche dall’esigenza di natura estetica che le partizioni verticali dell’ordine siano sempre di numero dispari. Numero disperdei gradini del crepidoma, in questo caso tre, è predominante dall’età arcaica alla tardoclassica.
Il numero dispari dei gradini permetterà di calcarne il primo col piede destro, così che sul ripiano più alto del crepidoma si dovrà porre ancora il primo piede.
Altezza dei gradini: né più alti dei cinque sesti di un piede, né più bassi dei tre quarti.
Larghezza dei gradini: non inferiori a un piede e mezzo né superiori a due.
Stilobate
Impropriamente detto nel caso specifico per assenza di colonne, dipartito secondo la larghezza di questo. Incisione dello stilobate, è un recinto composto da due quadranti sarà il palcoscenico in assenza di cella.
IL DONO
La scena del delitto è pronta. La democrazia ateniese attende il protagonista della sua tragedia.
Un universo concluso di forme attende (e accoglie) l’arrivo di nuove. L’atto della posa suona più come un ingravidamento che come un’intrusione. La forma deve (e vuole) essere ambigua; unico modo affinché una nuova scintilla scatti e il processo di inaugurazione permetta a tutti di sedersi alla tavola imbandita e a prepararsi al banchetto. La mediazione porta alle condizioni preferite dalla società contemporanea e del suo paradigma: l’effimero.
I precedenti non mancano.
Emblemi di culture pensate lontane oggi dialogano grazie alla condizione di post.
Se questo è oggi condizione possibile, non è a atto inedita. Casi illustri rappresentano oggi assiomi incisi su carta (progetti di carta) che fungono da monito ancora oggi fertile.