Phainomai "la quarta corte"
Progetto di riuso e musealizzazione dell'Albergo dei Poveri di Napoli
ESPANSIONE URBANA E MORFEMI
Fino dalle prime fasi dell’iter progettuale abbiamo cercato di confrontarci con quelle che sono le tipologie urbane di Napoli che avrebbero potuto costituire delle declinazioni compositive di Palazzo Fuga. Edifici storici come l’orto Maiolico e La Certosa ci hanno aiutato a rispondere a dei problemi di aggregazione morfologica e volumetrica con l’intorno nell’intento di riproporre una manifestazione del progetto originale di Ferdinando Fuga. La difficoltà, sin dal principio, stava nel andare a relazionarsi con un contesto fortemente modificato dall’intorno previsto dall’architetto.
Mentre in un primo periodo il manufatto fungeva da soglia alla città in un secondo esso si è trovato a costituire un nuovo centro polare della griglia urbana. Questi mutamenti ci hanno permesso di interpretare l’edificio attraverso vari effetti collaterali con cui esso ha risposto al suo intorno in seguito all’abbandono e alla disfunzione.
Nella corte centrale era prevista la chiesa, l’unica parte pubblica aperta alla città, mentre nelle corti ad essa adiacenti erano divisi i rinchiusi uomini e donne. L’intorno, nel tempo, si riappriopria della struttura: nella corte verso l’orto botanico il verde ha colonizzato due braccia del manufatto congelandolo in una situazione di rovina; la corte di destra verso gli edifici moderni è stata aggredida e digerita dalla modernità con delle superfetazioni abusive; la corte centrale continua a rispondere alla città nonostante la chiesa non sia mai stata completata. Il vuoto che si manifesta a noi come un fuoco della griglia urbana polare diventerà per noi la cerniera che accoglierà i flussi pubblici e li smisterà all’interno del progetto.
RELAZIONI URBANE
Il progetto in principio fungeva da soglia alla città di Napoli, esso si posizionava infatti a supporto del collegamento assiale/stradale tra l’antica strada romana e il centro storico della città segnato dalla porta Capuana e l’attuale museo archeologico. Durante il periodo ottocentesco il borgo di St. Antonio Abate viene segnato da una profonda evoluzione non più caratterizzata dai segni storici della città ma dai nuovi assi polari che organizzano la tessitura urbana in via di sviluppo. I nuovi collegamenti vedono protagonista il manufatto che instaura nel tempo nuove relazione con dei caposaldi infrastrutturali della città.
Queste nuove relazioni possono consolidare il rapporto manfatto-città che vedeva storicamente e funzionalmente escluso l’edificio dal suo intorno. L’avvento della frenesia moderna però ha causato anche una cesura creata dalla congestione viaria dell’asse di collegamento con il museo archeologico che esclude la relazione tra il fronte dell’Albergo dei Poveri e il sistema urbano.
LANDMARK
Napoli sorge su un territorio collinare dominato dal Vesuvio e dal monte di St. Elmo confluendo in un avvallamento ed estendendosi fino al golfo sottostante.
In questo profilo pittoresco caratterizzato da uno skyline lineare si manifestano alcuni degli edifici storici della città proponendosi come punto di riferimento visuale. L’albergo dei Poveri è uno di questi: il suo fronte “schermo” segna la soglia della città e crea una sorta di limite che isola il resto del manufatto. Dietro la facciata, l’Albergo, si presenta nella sua incompitezza. Questi varchi lasciano penetrare alcuni dei Landmark della città creando dei collegamenti visuali molto suggestivi che
nell’iter progettuale abbiamo deciso di valorizzare. Oltre a questi coni visivi ci è parsa suggestiva la triangolazione di due dei musei più importanti del panorama napoletano con il progetto scegliendo di consolidare questo legame planimetrico.
MANIFESTAZIONE DELLA IV CORTE
In fase di progetto l’edificio del Fuga subì varie e continue modifiche. Studiando le planimetrie storiche ci siamo resi conto di come l’edificio esistente non fosse solo incompleto ma anche ridimensionato rispetto al progetto originale. L’edificio infatti prevedeva un sistema di cinque corti che sarebbero dovute sorgere rispettivamente al posto dell’orto botanico di Napoli e del quartiere moderno confinante con il manufatto. E’ interessante notare come il progetto non si focalizzasse non solo sul volume monumentale ma disegnasse anche il suo intorno costituito da una serie di corti murate e giardini. Ogni corte del manufatto era in relazione di un giardino murato in cui, probabilmente, i rinchusi svolgevano lavori agricoli. Attraverso i segni del parco si posso leggere quelli che noi abbiamo interpretato come delle manifestazioni della quarta corte: l’inquadramento dei giardini e gli assi paralleli al manufatto evocano un rapporto con un’ intenzione di progetto mai portata alla luce. Sin dalle prime fasi dell’iter progettuale questi rapporti hanno suscitato la nostra attenzione per la rilettura di un edificio mutato dalla modernità a causa della sua incompletezza. Analizzando i rapporti che Palazzo Fuga crea col suo intorno ci siamo resi conto di come la città abbia aggredito la struttura appropriandosi di alcune porzioni ed escludendo degli spazi necessari per espedire il progetto così come l’aveva progettato Ferdinando Fuga (P. Carlo III).
Le molteplici volontà di progetto studiate durante il corso si sono canalizzate nel riproporre una lettura diversa della fabbrica lavorando in rapporto all’assenza della quarta corte e cercando di fortificare il legame con l’orto botanico e la città. Il progetto si divide quindi in tre temi: valorizzare l’orto botanico attraverso il rapporto astratto con la quarta corte, espanzione museale del museo archeologico e nuovo spazio per gli allestimenti temporanei, recupero della corte centrale attraverso una funzione di interscambio con la città di Napoli. Verso l’orto abbiamo sfruttato le breccie della facciata per raccogliere un nuovo flusso di persone dal parco con un dispositivo (che si rapporta direttamente col ritmo serrato della facciata). Questo volume è anteceduto da uno spazio pubblico che recupera la funzione di supporto al progetto e porta all’interno del museo in parte costruito sopra la rovina. Nella parte retrostante invece, un secondo dispositivo (generato secondo un asse visuale con Capodimonte)raccoglie i flussi che arrivano dall’interno del parco e li conduce al piano superiore del museo. La particolarità di questo nuovo innesto sta nell’essere pensato con un distributivo che lavora in sezione: i due flussi entrano a due quote differenti, percorrono rispettivamente due percorsi differenti. Il primo sul piano della rovina (esposizione di reperti archeologici) il secondo appeso alla copertura del nuovo edificio (esposizione contemporanea), i due flussi si interscambiano attraveso un sistema di rampe e foyer portando il fruitore ad espedire in progetto in maniera divesa nonostante sfrutti gli stessi spazi.