House of Dust
In 2013, in Rome, near the Villa Borghese park, Antonino Cardillo began construction of his aesthetic manifesto, the House of Dust. Lending to the space a classical form through this work, he reintroduces the themes of the grotto and the arch in the architecture of the present, experimenting with interrupted valences of past in a cohesive whole, rich in meanings. Chosen as one of the fifty works that recount the history of Italian interior architecture at the XXI Triennale di Milano, curator Beppe Finessi said of it: “There are interior designers who magically sweep away all established practice and make a name for themselves with a project destined to became a milestone. We have seen this recently with House of Dust (Rome, 2013).”
In questa casa proporzioni e partiti classici celebrano la polvere. La sezione aurea divide il salone in altezza. Un basamento di cemento color talco sostiene un soffitto d’intonaco rustico colore della terra: desiderio di antri primordiali, di grottesche rinascimentali, di ninfei in Doria Pamphilj, di facciate quasi Liberty nelle traverse di Via Veneto. Una alternanza di compressioni e dilatazioni costruisce lo spazio della casa. Ai bordi varchi e finestre appaiono ora scavati dentro il basamento, ora come intagliati a baguette. Serie di archi, memorie astratte della pittura italiana del Trecento, confondono porte e armadi. Tra di essi uno, appena disegnato su un muro e punteggiato da un pomolo in vetro rosa, introduce alle camere dell’intimità, anch’esse distinte da un pallido rosa sulle pareti: desiderio di albe e fiori; colore della bellezza, colore della bellezza che muore.