Casa della Cultura
La proposta elaborata, al di là del cercare di rispondere al programma di progetto indicato nel relativo bando di concorso, parte da una serie di assunti essenziali che ne costituiscono il quadro di riferimento generale. Tali assunti, vengono presi quali capisaldi di un ampio ragionamento progettuale, entro il quale legittimare poi tutte le scelte compiute in campo compositivo, distributivo, tecnologico, funzionale e materico.
Tali assunti, possono essere tutti riconducibili all’interno di un approccio duplice, che fa della sostenibilità di tutte le scelte operate e della sensibile interpretazione del luogo, i suoi capisaldi fondamentali.
Da una profonda fase di analisi in grado di evidenziare temi, tipi e figure che formano il preciso carattere del luogo, è stato intrapreso un percorso progettuale impostato sul cercare di legare il più possibile il nuovo centro integrato formato da biblioteca e spazi espositivi, con il centro urbano di San Giovanni Bianco. La collocazione dell’area prescelta, abbastanza defilata dal centro, permette però di stabilire dei profondi legami visivi con il centro storico, nonché di stabilire relazioni visive con il fiume e con il sistema paesaggistico circostante. Da qui, l’idea di connettersi al centro, “portando” un pezzo di centro anche in quest’area, creando un connettivo pubblico che contenga in se le medesime dinamiche aggregative della città. La strada lungo il fiume, diviene di fronte all’area presa in oggetto, un sistema di verde e parcheggi che filtra l’intervento vero e proprio, immaginato attorno alla preesistenza del fabbricato dell’ex-caserma. Nelle scelte progettuali compiute, infatti, tale edificio viene mantenuto in modo da farlo diventare il fulcro attorno al quale ruota la nuova proposta.
La natura in pendio dell’area di progetto, suggerisce la dislocazione di un’architettura che si inserisce parzialmente nel declivio. Tutto l’intervento si struttura, infatti, sulla giustapposizione di due macro aree destinate rispettivamente alla biblioteca e all’esposizione, integrate anche dal volume della preesistenza, coinvolta distributivamente nella proposta.
L’area della biblioteca, viene posta al livello più inferiore e si trova parzialmente interrata, mentre l’area espositiva si trova in un edificio totalmente fuori terra che si appoggia sulla parte basamentale fatta dalla biblioteca. Attorno a queste due aree si sviluppano i temi di connessione, strutturati in una scalinata urbana che dalla quota della strada conduce ad una piazza in quota che dà l’accesso superiore agli spazi espositivi. Tale scalinata, disposta a cono aperto sul paesaggio urbano e naturale, alterna alla salita, piccole aree a verde e porzioni rivestite in legno in modo da garantire dei luoghi di sosta e di seduta in modo da trasformare l’occasione della semplice salita in un momento di osservazione dell’intorno. Il sistema del verde/parcheggi posto lungo la strada di fronte al fiume, la scalinata urbana e la piazza in quota, formano il connettivo pubblico della nuova proposta, capace di funzionare indipendentemente dall’uso dei locali che vi si affacciano su di esso.
Da un punto di vista distributivo gli accessi risultano essere molto chiari. Dalla quota della strada si apre un ingresso che conduce ad una zona di filtro posta a comune tra le due aree. Da questo spazio, nel quale sono collocati i collegamenti verticali, si trova un bureau di orientamento per indirizzare i flussi dei fruitori nelle due distinte porzioni di edificio. Sulla stessa quota di questo ambiente, si raggiunge sia la biblioteca, sia le funzioni maggiormente specialistiche della parte espositiva. Al livello della biblioteca, esiste una connessione diretta con i locali della ex-caserma in modo da raggiungere comodamente i diversi uffici e i depositi in essa ricavati.
Dalla quota della piazza superiore, raggiunta anche dalla scalinata esterna pubblica, si accede al primo dei due livelli della parte espositiva.
All’esterno, una grata posta al livello del verde che circonda due lati dell’edificio espositivo, annuncia la presenza di uno scannafosso che isola i locali interrati dalla terra retrostante. Tale grata, non fa altro che ribadire a terra, il gesto secco e asciutto della forma architettonica, suggerendo comunque, la presenza di quel “sotto” ricco di vita e di significati che ogni approccio di tipo topografico porta con se.
Da un punto di vista compositivo, le due parti in cui si struttura il sistema, vengono volutamente evidenziate sia nelle forme, nelle materie e nei colori in modo da creare un sistema fatto di parti armoniche relazionate tra di loro ma visivamente, volutamente diverse. Tutta la parte basamentale, quella cioè a contatto con la terra, viene realizzata con l’impiego di uno stesso cemento a faccia vista, colorato con un pigmento rosso, in modo da echeggiare il “rosso Milesi” proprio delle espressioni pittoriche dell’artista a cui è dedicata l’esposizione. Questa parte basamentale viene illuminata sia da tagli posti in copertura, sia da una ampia superficie vetrata posta lateralmente e aperta sulla valletta del corso del torrente che attualmente segna il confine dell’area. Su questo stesso lato, si apre una piccola pertinenza pavimentata esterna, dedicata ad uno spazio esclusivo per i fruitori della biblioteca.
Sulla parte basamentale, caratterizzata da una forte connotazione materica e massiva, si eleva e si oppone una parte metallica più leggera e maggiormente espressiva, capace di ospitare tutte le funzioni della parte espositiva e di porsi come un vero e proprio cannocchiale sul paesaggio. I suoi movimenti planimetrici, infatti, garantiscono la migliore angolazione in modo da fare della vista sul centro storico del paese, il terminale visivo dello spazio interno.
La parte superiore dell’edificio, rivestita in lamiera metallica aggraffata, presenta nella parte inferiore aperta sulla piazzetta, una superficie continua microforata che oltre a contenere gli ingressi, permette di fare entrare la luce e di intuirne, una volta retroilluminato, lo spazio interno dedicato alla custodia e alla mostra delle opere d’arte. Tale volume, monolitico ed astratto, si presenta come una sorta di “scrigno” metallico, dentro al quale vengono conservate ma anche mostrate al pubblico, quindi offerte alla comunità, le opere del pittore Giuseppe Milesi.
Scendendo nel dettaglio con la descrizione del progetto, l’area destinata alla biblioteca, offre uno spazio che pur nella sua generale fluidità, presenta l’articolazione in ambiti diversi a seconda della funzione che vi si svolge. La sala lettura, collocata nella zona rialzata e immediatamente prospiciente l’ingresso, permette di spaziare visivamente sull’area posta più in basso e destinata alla collocazione degli scaffali, mentre una lunga panca che funziona come seduta continua ai tavoli di studio, è posta a separazione dei due ambiti. Una lunga serie di postazioni di lavoro poste al livello del davanzale della finestratura e del calpestio esterno, definisce il margine laterale di questo spazio, caratterizzato dall’alternarsi di nitide superfici intonacate di bianco a più materiche superfici in cemento armato rosso. Tali superfici in cemento armato sono limitate ai vari pilastri che scandiscono lo spazio e sorreggono la copertura, nonché al muro esterno posizionato contro terra. Sul piano di copertura, si aprono dei lunghi tagli paralleli che ospitano i lucernari di illuminazione zenitale che a livello della piazza diventano un disegno astratto che alterna alla pavimentazione, le lastre di vetro calpestabile che si raccordano alle sedute in doghe di legno.
Lo spazio espositivo si presenta all’interno come uno sfondo il più possibile neutro, entro il quale rivestono un ruolo molto importante sia i diversi allestimenti espositivi, sia la luce. Tutto è improntato al massimo candore di superfici bianche, finite ad intonaco per le murature e realizzate in resina epossidica per le pavimentazioni, sul quale dovrebbero prendere risalto e valore, i colori, le forme e le composizioni della pittura e della scultura di Milesi.
Il percorso espositivo si sviluppa su due livelli che terminano sempre con lo “sfondamento” dello spazio interno, verso l’esterno, andando a cercare relazioni visive con il paesaggio circostante.
In particolare, l’ala rivolta verso il nucleo storico di San Giovanni Bianco, termina con una grande parete vetrata scandita dal disegno astratto dell’infisso. Tale apertura, all’esterno si presenta leggermente arretrata dal filo di facciata in modo da risultare incorniciata sui quattro lati dalle pareti metalliche del volume scatolare, mentre all’interno costituisce il fondale dello spazio a tutta altezza della parte terminale della sala. Infatti, il solaio del secondo livello espositivo, si ritira dalla vetrata di alcuni metri, discostandosi da essa e creando un ambito di forte tensione e significanza.
Particolare attenzione è stata dedicata all’allestimento dei diversi spazi, basato oltre che sulla valorizzazione di ogni singola opera, anche principalmente sulla ricerca di un differente registro emotivo in grado di esaltarne contenuti e in modo anche da accendere possibili percorsi di immaginazione e di interpretazione semantica nel visitatore.
Se per esempio, tutti i quadri raffiguranti soggetti paesaggistici o naturali, vengono disposti su tiranti metallici in modo da orientarli tutti verso la vetrata aperta sul paesaggio e in modo da poterci liberamente girare intorno, tutti le raffigurazioni umane vengono immaginate raggruppate in una ipotetica “galleria dei ritratti e delle statue” illuminata da una luce radente proveniente dal lungo lucernario zenitale che corre in copertura. Al primo livello dell’esposizione, nell’ala affacciata sulla piazza in quota, viene previsto uno spazio per mostre temporanee, direttamente espandibile all’occorrenza sulla piazza che potrebbe funzionare come spazio espositivo all’aperto.
La totale neutralità dell’interno, consente di rendere lo spazio il più flessibile possibile. Solo la luce e la sua provenienza, determina “punti fermi” nello spazio. Punti fermi, ma a loro volta variabili in quanto sono profondamente variabili in conseguenza delle diverse ore del giorno e delle diverse stagioni.
La preesistenza dell’edificio della ex-caserma, non rimane una presenza a se stante posta a margine del progetto, ma una vera e propria polarità attorno alla quale ruota l’intera composizione. Per essa, si ipotizza un intervento di restauro conservativo capace di non alterarne i caratteri salienti e la riconoscibilità. Gli esterni non vengono toccati, ad eccezione di piccole e ininfluenti modificazioni a singole aperture poste sul fronte tergale, in modo da garantire il collegamento con la biblioteca.
Per l’esterno, si ipotizza il mantenimento di tutti gli elementi esistenti e tutto il volume intonacato e gli infissi esterni ed interni, vengono dipinti di un medesimo e omogeneo color sabbia, in modo da rendere il più unitaria possibile, l’immagine del suo volume. Lo stesso colore sabbia, viene impiegato per il colore della pavimentazione della piazza in quota a distribuzione della porzione espositiva, per il colore della parte gradinata della scala di salita alla piazza e per il sistema a verde e a parcheggio immaginato lungo il fiume, in posizione antistante all’intero intervento.
Per quanto riguarda l’inserimento paesaggistico dell’architettura prefigurata nel contesto esistente, pur cercando di operare all’interno dell’interpretazione sensibile dei caratteri e delle identità del luogo, si è optato per una operazione che puntasse sulla riconoscibilità. I classici temi di connessione urbana vengono interpretati nell’architettura proposta, attraverso la prefigurazione della piazza e della scalinata-percorso, così come la compattezza del tessuto urbano del nucleo storico, viene dirottata nella conformazione inclusiva dei volumi, capace di creare piccoli ambiti all’interno dell’ambito generale. Così come la consistenza materica del borgo, la sua misura, le sue sensazioni, vengono dirottate nella dimensione massiva dell’insieme, resa “diversa” dalla colorazione rossa, in modo da legarla istintivamente alla produzione artistica di Milesi.
Quindi, non un semplice “gesto”, non una forma autoreferenziale avulsa da tutto, ma un sensibile e ragionato inserimento basato sull’assonanza, sulla misura, sull’appropriatezza e sul rispetto tra le parti. In primis, il rapporto con la preesistenza è basato a tutti gli effetti sul dialogo e sulla relazione, non proponendo soluzioni di negazione reciproca, così come il rapporto con gli edifici circostanti, con i quali l’edificio immaginato si relaziona, viene condotto con ritmo e continuità, così come le relazioni con il sistema paesaggistico sono tenute in grande considerazione, proponendo un’architettura che altro non si pone che come un vero e proprio frammento assonante al paesaggio stesso. Anzi, proprio per la sua natura di edificio-macchina di cultura, esso stesso, si pone anche come un vero e proprio dispositivo di osservazione del paesaggio, in quanto, chi ne usufruisce, nel suo uso, fruisce anche delle innumerevoli relazioni visive che esso riesce a tessere con l’intorno.
La conformazione parzialmente interrata del sistema proposto, permette inoltre di minimizzarne l’impatto sul contesto, facendo emergere quale forma significativa, solo la sua parte metallica, per sua natura, vocata ad un immaginario legato alla flessibilità e alla reversibilità dei volumi.