Una grande teca per la necropoli di Este
La copertura è quasi interamente vetrata, in modo da preservare il carattere di esterno, originario del sito: un antico cimitero collocato entro una radura ricavata tra gli alberi.
Una bassa parete di mattoni, in continuità con i muri di cinta lungo la via, recinge l’area archeologica, filtrando il rumore della strada.
L’area archeologica -
Il sito archeologico costituisce uno dei nuclei principali del vasto complesso di necropoli a settentrione di Este. Si trova a ovest del centro storico, lungo via Santo Stefano, alle pendici dei Colli Euganei. Il Palazzo Mocenigo, sede del Museo Nazionale Atestino, cui la necropoli è organicamente collegata, dista circa 400 metri.
Le strutture funerarie della necropoli sono databili tra l’VIII secolo a.C. e la romanizzazione e si sviluppano su una superficie di 500 mq. ca. con una elevata concentrazione di sepolture e un’eccezionale densità stratigrafica.
Il contesto -
I lotti a valle di via S. Stefano (percorso matrice) presentano le aree verdi di pertinenza orientate verso il sole, cioè dalla parte opposta alla strada, mentre gli edifici insistono direttamente sulla via e la cortina muraria non presenta soluzioni di continuità.
Per lo stesso motivo di orientamento solare, ma sortendo un’organizzazione morfologicamente diversa, le aree esterne, le corti, sono esposte a sud ed i prospetti lungo la strada sono caratterizzati dalla presenza di giardini o corti delimitati da lunghi muri di recinzione (evidenziati in assonometria con colore rosso).
Oltre che da questa logica insediativa, la configurazione del luogo è caratterizzata dal volume dell’antica chiesetta di S. Stefano con il suo proporzionato campanile a cuspide conica in mattoni e dall’orografia dolcemente degradante dei Colli Euganei.
Il progetto -
Il progetto di copertura integrale della zona di scavo, oltre a rispondere a un programma di sicurezza meteorica, consente condizioni di musealizzazione in situ e di visitabilità pubblica dell’area archeologica.
Il contesto interviene nella formazione della figuratività del progetto, come se, sulla base di indicazioni latenti ma presenti, in esso fosse già contenuto il disegno.
Una bassa parete in mattoni a vista recinge su due lati l’area archeologica, in continuità con i muri di cinta di via S. Stefano; essa imposta la propria geometria secondo relazioni contestuali, andamento orografico e tradizione costruttiva locale. La sua architettura è ricondotta all’atto primordiale del “recinto”, che segna piuttosto che delimitare il sito archeologico.
La sua compattezza materica impedisce dalla strada la vista della necropoli, acendola percepire solo da alcune aperture strategicamente ritagliate. Spezzato e degradante per adattarsi alla pendenza del terreno, il muro costituisce elemento di mediazione visiva dell’edificato circostante e, data la sua limitata altezza, non ne pregiudica la percezione.
La copertura dell’area archeologica è quasi interamente vetrata, in modo da preservare il carattere di esterno, originario di questo spazio: un antico cimitero collocato entro una radura ricavata tra gli alberi. La luce solare filtra tra le strutture reticolari, proiettandole deformate sull’accidentata superficie dell’invaso archeologico, come ombre di ramificazioni sul terreno.
Lo schema compositivo si sdoppia, contrapponendo alla consistenza plastica del muro in mattoni la trasparenza della copertura traslucida. La diversità costruttiva di questi due elementi si compone e trova unitarietà attraverso reciproche compenetrazioni tra la scalettatura del muro e la disposizione della protezione trasparente supportata da travi reticolari spaziali, entrambe degradanti con l’andamento del terreno.
In corrispondenza dell’ingresso, il muro di cinta si avvolge su se stesso, definendo un accesso che presenta caratteristiche più vicine alla fluidità dei percorsi urbani che alla perentorietà dei portali convenzionali.
Il percorso di visita prosegue sotto una copertura piana, lungo una breve area porticata che filtra la rumorosità della strada.
Si supera un dislivello mediante una rampa per disabili a “gradini facilitati”, fruibile sia da persone con handicap motori che da quelle normalmente abili, unificando le due tipologie di superamento dei dislivelli, quello della rampa e quello della scala, senza ricorrere ad un servoscala di difficile uso e di onerosa installazione e manutenzione. Si raggiungono in successione, a quota più bassa, un piccolo locale di accoglienza, che verrà attrezzato con pannelli didattici, ed una balconata a struttura portante metallica. Questa costituisce il punto privilegiato di lettura del contesto archeologico per la comprensione del suo tessuto connettivo oltre che delle varie tipologie di sepoltura. Un punto alternativo di percezione visiva dei reperti si trova sotto l’area gradonata protetta dal prolungamento delle travi reticolari di copertura, lungo il piccolo giardino posto a confine.