Museo archeologico etrusco a Gonfienti
Se scavassimo, troveremmo rovine
Frammenti di storia riemergono dopo una lunga e muta attesa.
Frammenti legati da tracce di storia passata.
Frammenti che fissano nuove vecchie misure nell'indeterminatezza delle rovine.
Spazi un tempo vivi, portatori di una peculiarità, mutano le loro forme, cambiano la loro anima, si ritrovano pieni di niente e vuoti di tutto. Spazi sottratti alla vita, che annegano la storia in un mare sterile di funzionalismo smodato.
La necessità di restituire identità al luogo fa riemergere le antiche tracce che definiscono una misura precisa. Dal terreno riaffiorano solitari blocchi silenti, “frammenti di un edificio virtuale indecifrabile”. A questi si contrappone un grande vuoto che mostra la storia celata dal tempo. Il ritrovamento delle masse di pietra che dormono un sonno mortale nella terra, fa riaffiorare antiche geometrie che vengono riprese come modulo generatore del progetto.
Vuoti di un passato e pieni di un presente dialogano a quote diverse.
L'impossibilità di cogliere il passato nella sua interezza dalla quota odierna, spinge l'osservatore ad addentrarsi lungo l'antica via, congiunzione tra quello che è, e quello che è stato. Scavati nella nuda roccia si dispongono frammenti, residui di edifici in un continuo dialogo con lo scavo archeologico.
Le rovine, entrando prepotentemente nell'edificio, accompagnano il visitatore. Alla frammentaria materialità degli ambienti adiacenti la villa, si contrappone lo spazio espositivo, caratterizzato da linearità e purezza stereometrica. Il corpo ipogeo subisce una dilatazione spaziale grazie ai grandi lucernari strombati. Un nuovo mondo all’interno dell’edificio dove la fisionomia di corpo astratto, si accentua per la totale estraneità del mondo esterno. Luce e materia sono le uniche sovrane, dove entrambe s’inseguono per esaltarsi l’un l’altra. Lo spazio espositivo si articola attorno ad un fulcro centrale, blocco che racchiude la “stanza del tesoro”. Posta nella posizione dell'impluvium della villa, la stanza centrale diventa il cuore di tutto il museo, avvolta da possenti pareti murarie, dalle dimensioni degli scavi, che ne definiscono un percorso tutto intorno, una sorta di scoperta, dal buio alla ricerca del cielo. La tensione verso l'alto reiterata nei lucernari, trova nella stanza centrale il suo punto più alto.
“Una piccola camera sotterranea: sarà stata 3 metri per 3. Davvero un buco, ma con un pozzo da cui pioveva la luce naturale, resa verdognola dalla presenza di muschi e di piante pendule”. Così racconta Francesco Venezia parlando dell'idea per l'allestimento della mostra etrusca a Palazzo Grassi. La stanza centrale, diventa astrazione dell'impluvium della villa, un pieno in funzione del vuoto, ma anche richiamo esplicito a quella predilezione per lo scavo, per il mondo sotterraneo tanto caro agli etruschi. Così come l'impluvium raccoglieva in sé le acque piovane, altrettanto la stanza centrale ipetra lascia che pioggia e luce bagnino le sue pareti, raccogliendo ai suoi piedi uno specchio d'acqua che ne amplifica lo spazio per riflesso. La stanza risulta inaccessibile, uno spazio ove affacciarsi senza poter entrare. Vi è l'impossibilità per l'uomo moderno di accedere in maniera diretta al passato. L'uomo rimane spettatore inerme di eventi scolpiti nella pietra. La luce è un elemento privilegiato per incidere la consistenza scabrosa della materia, per fissare la mutevolezza del reale nella staticità della storia. La stanza diventa un sacrarium, un luogo di silenzio, memoria e riflessione. Sulle pareti di cemento, moderna pietra, antiche parole in etrusco scavano delle tracce, qualcosa di indecifrabile e per sempre muto.
Figura chiave dell'architettura etrusca è la circonferenza. L'elemento circolare deriva chiaramente dalle strutture ipogee. Come Francesco Venezia spiega, la circolarità del Pantheon si deve agli etruschi, alla loro attività sotterranea. L'ultimo elemento del progetto, è la scala di risalita. Uno scavo circolare, un oculo del Pantheon dilatato, della dimensione dell'impluvium in totale astrazione, scava nel terreno una circonferenza di luce. Stretta tra due muri circolari la risalita verso il cielo attraverso la terra.
Nessuna struttura protegge la villa. Questa, destata dal suo sonno sotto il velo della storia, rimane esposta al cielo, in balia dell'azione del tempo, padrone sovrano di tutto il progetto. Ogni elemento risponde al suo volere, alla sua azione, alla sua forza. I blocchi, come le rovine, si sgretolano, si logorano, si dilavano. Tutto è rovina, tutto è frammento, parvenza di un qualcosa d'intero che è stato.