Paesaggi frontali
É-temen-an-ki, ossia "casa delle fondamenta del cielo e della terra"
Ho in mente città di pietra, muri, recinti, torri e bastioni, e poi città e ancora città sormontate da mura alte e inespugnabili …
L’immagine è immersa nella lucida superficie della lastra che attraversa lentamente nella sua statica mobilità lo spazio tra le sue lucentezze a tratti consigliate e svelate dalla luce, che cerca città di pietra e luoghi immaginati, dove ancorarsi.
E’ come se il movimento della superficie lucida della lastra di rame generasse un leggerissimo sciabordio che fa si che tutta la distesa della superficie lentamente si immerge in una perpetua oscillazione orizzontale e verticale di calma e di silenzio facendo diventare tutto il disegno di una ampiezza illimitata. È così infatti che il disegno si muove spinto dalla luce che in questo piccolo spazio si mescola ad altre luci raccoglie nel suo cammino e nella sua memoria figure di città mitiche le cui ombre compaiono nello sfondo ancora incerto.
Il tratto scivola lento e ricorda, incidendo nel suo percorso, terrazzamenti, giardini naturali, canali d’acqua, fiumare, muri di pietra, viottoli, trazzere, acquedotti, città e paesi e continui paesi e battigie e arenili e spiagge e porti e porti e continui porti che fanno venire a galla desideri di luoghi sconosciuti.
Trasformare le parole in disegni e i disegni in parole
Il disegno diventa esso stesso bussola che ha il compito di orientare i segnali che la contemporaneità offre ma soprattutto nel suo lento cammino emana la forza di individuare nuovi indizi per nuove città, per nuovi racconti e per nuove storie che alimentano di nuovo la nostra memoria e i nostri sguardi che diventano frammenti essenziali di un alfabeto visivo ormai perduto.
Una memoria vagante che si esibisce come paradigma di una nuova logica culturale ma con un solo obbiettivo che ormeggiando qua e là rinnova gli archetipi…e ci farà ricordare che forse non sarà più così…che tutto nel tempo si sgretolerà ….per sempre…
A Savinio