Concorso di idee Parco delle Mura di Piacenza
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La riconfigurazione spaziale e funzionale dell’area oggetto del Concorso può costituire una occasione molto importante per Piacenza. Questa si riferisce soprattutto alla necessità di definire per la compagine urbana una nuova immagine, una nuova strategia e una più originale collocazione concorrenziale nell’ambito della rete europea delle città.
Per attuare questo compito non è essenziale allargare troppo lo sguardo né frammentare eccessivamente i temi e gli obiettivi, ma è necessario definire una chiara strategia organizzata su pochissimi punti qualificanti, da sviluppare e attuare progressivamente.
A partire dal Parco delle Mura sarà possibile innanzitutto compiere l’operazione strategicamente più importante: ricongiungere Piacenza a una sua specifica rappresentazione, a una immagine così nascosta e remota, tale da contenere il proprio DNA nel quale è scritto non soltanto il suo passato o il presente, ma, attraverso di essi il suo futuro (da trasmettere nel mondo della comunicazione).
L’IMMAGINE e LA SCALA
L’occasione del concorso per il Parco delle Mura si adatta bene a questo obiettivo perché da un lato consente di precisare la scala di intervento nel suo rapporto con la città, il territorio e il paesaggio, lavorando poco sul piano delle risorse fisiche e materiali da mettere in campo mentre, dall’altro, permette di ridefinire in modo decisivo l’identità osmotica che intercorre tra queste componenti e la loro reciproca interrelazione con la città. Essa, come si diceva, dovrà procedere a definire la propria condizione figurativa “strutturale” e porsi come sintesi e luogo concettuale cui tendere e a cui conformare qualsiasi operazione di trasformazione urbana, indipendentemente dalle dimensioni e dal tipo.
LUOGO di SPIRITUALITÀ
Il Parco delle Mura sarà un luogo poco affollato, silenzioso, uno spazio per la meditazione e la contemplazione. Dovrà, cioè, con pochi piccoli interventi che assecondino questa vocazione, rimanere innanzitutto “vuoto”, aperto. Confermandone cioè quell’immagine aperta, “sgombera” e periferica che, da un lato, il movimento e la manovra delle truppe a difesa delle mura imponevano e, dall’altra, quella condizione intermedia tra città e campagna che il suo essere “limite” (o periferia) le ha assegnato nel tempo.
Ma questa dimensione contemplativa sarà principalmente il luogo di arrivo delle varie, numerose strutture conventuali che insistono a ridosso del parco e che troveranno in esso l’elemento di raccordo a una attività da potenziare nel recupero dell’ingente patrimonio residenziale e di servizi di cui dispongono. Un patrimonio che dovrebbe essere impiegato a pieno regime se Piacenza potesse trasformarsi in un Centro internazionale di spiritualità e di dialogo interreligioso, supportato da una Facoltà universitaria di Teologia, pensata come “crocevia” delle grandi religioni monoteiste del Mediterraneo e di tutto ciò che ha contribuito a creare il pensiero religioso internazionale. Ciò trova il riscontro, oltre che la fascinazione, nell’ascolto di un luogo legato alla presenza delle “cento” chiese, agli interni dei chiostri dei conventi, alla memoria del passaggio dei pellegrini lungo la via Francigena.
LUOGO d’ARTE CONTEMPORANEA
Tuttavia, nel campo della spiritualità, non ci si limiterà a questo. Sarà necessario integrare queste funzioni con il nuovo territorio della spiritualità contemporanea rappresentato dall’arte.
Piacenza dispone della prestigiosissima Galleria d’Arte Moderna RICCI ODDI e di un pubblico attento e competente, quindi disponibile ad accettare l’Arte come elemento propulsore delle nuove dinamiche urbane, alla costituzione di un centro internazionale di sperimentazione artistica e di esposizioni d’arte – con tutte le inevitabili ricadute sul piano del mercato, del turismo, ecc.
In questo Piacenza porrà, al di là della vulgata sulla “sostenibilità”, il proprio ruolo-guida come capitale dell’Immateriale: concentrare l’attenzione sull’arte, la cultura, il paesaggio, il turismo significa intensificare una amplissima azione sull’individuazione e sul riconoscimento dei veri bisogni non materiali della società, cercando in essi le vie immateriali per appagarli poiché, insieme alla richiesta di flussi più contenuti di materie e di energia, consentirebbero livelli molto più elevati di solidarietà e di realizzazione umana.
IL PROGETTO
Il progetto presentato ruota attorno a questi due irrinunciabili capisaldi.
In esso l’arte ha svolto il ruolo preminente non solo come elemento di rappresentazione del reale, ma del suo disvelamento, come attività errante e rabdomantica nella quale il reale si mostra come campo delle possibilità: “L’arte – come sosteneva il semiologo Jurij M. Lotman – è lo spazio più sviluppato della realtà convenzionale. Proprio ciò la rende un campo di prova per la sfera dell’esperimento mentale e, più ampiamente, della dinamica intellettuale”.
In questo senso l’arte invade e si spalma nei luoghi come segno fisico e come presenza visibile e invisibile finalizzata a coinvolgere la città nei suoi molteplici aspetti. Visibile negli spazi che va a occupare come il riuso a spazio espositivo di porta Borghetto. Invisibile nella sua aspirazione a indicare una vocazione e un’idea di ripensare complessivamente il luogo.
Essa attraverso un gesto prossimo allo scarabocchio, un tracciato errante che allenta e dilata il tempo, prende e consuma lo spazio, innesca l’attenzione al luogo.
Il luogo diviene quindi un palcoscenico aperto, come un foglio di carta su cui poter tracciare “segni” in divenire, preludi di “di-segni”, che, nel caos apparente, richiamano a uno spazio per accogliere le idee, le immagini e le azioni di tutti.
Chiese, musei, strade, piazze, mura, verde, rientrano da protagonisti nella riorganizzazione urbana della città, ricollocandoli nell’immaginario collettivo attraverso la previsione di liberi laboratori permanenti.
Questi sono ibridamente esistenti tra: la dimensione virtuale e il luogo fisico.
Espletano la loro funzione comunicativa o di coinvolgimento attraverso la generazione di codici QR opportunamente pubblicati nei vari luoghi.
Questo codice, che costituisce la codifica di un link di un indirizzo web, può apparire esteso e di grandi dimensioni nelle aree dei giardini come tracciato temporaneo, oppure, piccolo all’interno dei “foglietti della messa” la domenica nelle chiese cittadine; può essere il soggetto di un manifesto, un adesivo o una traccia luminosa proiettata sulle mura la sera.
L’apparenza del codice è strettamente connessa al tipo di operazione in corso. Nel caso del grande “disegno temporaneo” sul prato dei giardini, ad esempio, si potrebbe trattare di uno spazio fisico che rimanda a un laboratorio permanente dove, in una dimensione virtuale, il cittadino partecipa all’immaginazione del significato del luogo avendo per scopo non di costruire il luogo fisico ma lo spazio partecipato. Si raggiunge così l’altro obiettivo del progetto che è quello di “allargare” le mura, le loro capacità contenitiva senza intaccarne la loro “sacralità” e il loro essere frammento della storia concluso. Gli ambienti e i luoghi così pensati, infatti, saranno in “gestioni” alle istituzioni locali, alle scuole, alle associazioni cittadine che ne curano la continuità e organizzano le tematiche di discussione
Il “tracciato errante” attraversa il muro, si estende nella campagna fino al Po, diviene traccia, labirinto e percorso segnato da filari di alberi, pista ciclabile, canale d’acqua, segno effimero. L’esigenza è di portare il fuori dentro e il dentro ancor più vicino al fuori.
Al ruolo strutturante dell’immateriale attraverso l’arte si aggiunge quello della natura pronta a riaffermare l’importanza del vuoto ma nello stesso tempo a caratterizzarlo e misurarlo in una dimensione in cui coesistono finito e infinito. Filari, vuoti, isole vegetali, costituiscono i modi di una presenza naturale pensata attraverso uno studio attento e compatibile sotto il profilo ecologico, gestionale e paesaggistico che contribuirà a incrementare la biodiversità presente nell’area urbana di Piacenza.
Il progetto prevede due possibili strutture vegetali: Strutture lineari: filari arborei di arredo stradale; Strutture puntiformi: Isole di vegetazione
Le strutture lineari sono state pensati su tre criteri principali:
- uso di specie autoctone presenti nella flora piacentina e padana;
- necessità gestionali di utilizzare alberi di facile impianto e manutenzione che non rappresentino un problema per la sicurezza di chi percorre le vie
- scelta di specie non comunemente utilizzate a Piacenza nei viali alberati per realizzare aree di progetto con alberature facilmente individuabili dai residenti grazie alla particolare struttura della chioma e al colore delle foglie, divenendo riferimento e segno di orientamento nel paesaggio. Le isole di vegetazione sono delle strutture puntiformi, inaccessibili all’uso e veri frammenti di natura identitaria posti dentro e fuori le mura come monumenti naturali. Esse richiamano la paesaggio originario in un rapporto organico con il nuovo scenario tra la città e il Po. La loro dimensione si rifà agli orti urbani esistenti,vere oasi nel disegno urbano. La loro importanza storica e ambientale, viene sottolineata dalla riverberazione nel paesaggio come quadrato che struttura una misura antica, già presente in molte rappresentazioni planimetriche e iconografie storiche.
In questa ampia strategia il Polo Universitario di Piacenza costituirà da supporto scientifico essenziale, ponendosi come un super-osservatorio e “sismografo” delle dinamiche urbane e territoriali.
IL FIUME: PAESAGGIO E ENERGIA
L’attrazione fatale per il fiume, come si è già sostenuto prima, si esprime attraverso un disegno errante e per certi aspetti enigmatico nell’inseguire da un lato le forme della natura e dall’altro una nuova mappa astratta dei circuiti urbani e rurali. In ambo i casi esso diventa elemento dentro il disegno, ripercorrendo e rinforzando i segni della frammentazione e delle “rovine” che lo scorrere e la forza dell’acqua continuamente crea. In questo senso insieme ai ponti e ai segni riparii s’inserisce un altro volume frammento finalizzato a servizi di pertinenza del fiume. Pensato come grande piattaforma lineare galleggiante dal carattere effimero e con una struttura in legno, esso richiama le tradizionali costruzioni presenti sul Po. Il suo uso è legato a servizi per il tempo libero, a piccoli spazi sportivi e ricettivi, a piattaforme destinate semplicemente per prendere il sole. Complessivamente il manufatto si configura come una macchina galleggiante finalizzata a integrarsi con le correnti dell’acqua, catturandone, attraverso, il suo scorrere, il flusso energetico. La grande ruota agganciata come un vecchio mulino idraulico alla piattaforma galleggiante e il sistema delle turbine, producono energia elettrica pulita che si aggiunge al sistema di sostenibilità pensato su tutto l’intervento. La struttura è raggiungibile dalla quota della città mediante la torre affiancata al ponte esistente.
LA VIABILITÀ, LA SOSTA, I SERVIZI
All’immagine di fluidità e di movimento che caratterizza l’area delle mura, il progetto tende a contrapporre quella del vuoto e del silenzio. Il verde invasivo, l’eliminazione della strada parallela al muro, il nuovo sistema di parcheggi creano un apparente vuoto dove molte funzioni spesso annegano nel suolo o vengono ibridate in architetture organiche come le torri-parcheggio. Poste dentro e fuori le mura, esse sono nuove macchine autosufficienti dal punto di vista energetico, totem “metafisiche” organiche mediante l’integrazione con elementi vegetali in facciata, frammenti contemporanei “decontestualizzati” nel gioco di segni e di geometrie regolari e irregolari del suolo. Alla verticalità delle torri corrisponde un’altrettanta orizzontalità di parcheggi a terra ricavati da un semplice modellato del terreno che pur riproponendo lo spazio libero creano nuove morfologie e nuove possibilità di traguardare da punti di vista diversi il paesaggio.
La manipolazione dei piccoli cambi di quota del suolo diventa tema importante anche per il progetto di servizi e attrezzature collettive. In particolare in direzione dell’ex caserma militare, la scelta della quota dell’attuale strada porta a un suolo orizzontale verde che funge da copertura alle sottostanti strutture che vanno a completare e integrare quelli esistenti come il campo di atletica. Il grande vuoto dentro i corpi edilizi militari, sospesi nel nuovo suolo, viene riproposto come il luogo d’incontri collettivi, raduni musicali o artistici vari.