Casa del Cinema di Locarno
... alta e lontana brilli alle loro spalle la luce di un fuoco ...
ORIGINI
La chiamavano Settima Arte o Industria dei Sogni, Traumfabrik: è il “cinema”. Per fondare la “Casa del Cinema”, a Locarno, abbiamo indagato l’origine del cinema stesso. Scomodiamo per questo, come già il cinema prima di noi ha fatto, Platone ed il suo mito della caverna, contenuto nel settimo libro della Repubblica. In questo troviamo – espressa nel linguaggio accessibile del mito, raccontato in forma di dialogo fra Socrate e Glaucone – la teoria platonica della conoscenza, come dicotomia fra modo delle cose sensibili ed idee. In esso si ribadisce anche un’etica della filosofia: il filosofo che ha contemplato la Verità del Mondo delle Idee non può esimersi – a rischio della propria vita – dal tornare fra gli uomini, per liberarli dalle catene della conoscenza illusoria del mondo sensibile.
Straordinaria premonizione del cinema in tutti i sensi, la caverna di Platone, ne anticipa in maniera folgorante l’architettura e la strumentalità. Luogo di rappresentazione illusoria, Platone vede il luogo della caverna anche come strumento educativo, di riscatto dalle tenebre dell’ignoranza.
Il Palazzo del Cinema che nel progetto si propone di fondare, parte dall’interpretazione del mito platonico della caverna, dalla sua metafora. Il nuovo palazzo sarà un Edificio / Montagna, introverso, quasi materia in cui scavare la complessità del programma funzionale, ricca cittadina di conoscenza. Si propone quindi un edificio monolitico, quasi impermeabile al contesto, chiuso nel suo isolato urbano, che organizza invece nel suo ventre le varie attività, in modo simile a quel che si osserva nelle sculture di Arnaldo Pomodoro, in cui la rigidità geometrica della materia si spacca in interni vitali di complessità.
Il mito della caverna platonica si articola quindi nel progetto dell’edificio stesso, partendo dalla riflessione sulla luce naturale dell’area di progetto. Il sito, prossimo al grande spazio aperto della rotonda di Piazza Castello, di disegno circolare, del progettista Galfetti, su idea snozziana, si espone fortemente all’irraggiamento solare a sud-ovest. Nel rapporto fra questa “luce” e ed il nuovo palazzo si legge l’idea del progetto. L’edificio-montagna offrirà la sua cavità per la rappresentazione cinematografica, facendosi buia caverna per l’osservazione di realtà selezionate. Nel palazzo verrà offerta anche la luce interpretativa della realtà, disvelata allo spettatore mediante la rappresentazione cinematografica stessa. Parimenti lo spettatore si farà “protagonista” del mito Platonico, attraverso l’esperienza del palazzo. L’edificio prevede l’ingresso principale al piano più basso dove il fruitore arriverà direttamente da via Rusca o da Piazza Castello. Al piano superiore invece l’edificio si apre in una cavità, denominata Piazzetta del Pardo, dove, attraverso un lunga vetrata si potranno osservare gli utenti già entrati nell’edificio. A questa quota superiore inoltre, la grande vetrata, protetta dalla “Caverna” a forma di Calotta, lascerà filtrare la luce solare, in modo che l’utente proietti a sua volta la propria ombra all’interno della all’interno del Foyer della sala cinematografica. In un gioco di visioni, di ombra e luce, il fruitore sarà quindi allo stesso tempo osservatore e attore del mito, in una parola protagonista.
La caverna è un luogo simbolico presente in tutte le culture e filosofie, da quelle primigenie sino ad oggi. Non abitazione ma luogo di culto già dal periodo glaciale, la caverna è luogo di contatto con la divinità, santuario nella cultura classica mediterranea. Ma anche simbolo dell’esplorazione dell’io interiore dalla leggenda di Trofonio. Spazio cultuale per i romani, luogo di origine della fertilità per gli egizi e per la cultura medio - orientale, luogo di origine del mondo fra le popolazioni indo-americane dalla mitologia atzeca, simbolo dell’Universo e della nascita in estremo oriente e per il Taoismo, la caverna accentra un valore fortemente simbolico in tutte le tradizioni, sia come luogo di raccoglimento che come metafora del mondo o universo.
Nel programma funzionale quindi si rafforza l’idea della caverna: il Palazzo ospiterà il festival del cinema, un cinema che appartiene a tutte le culture, grande delizia in cui si incontrano e si mescolano idee, stili, rappresentazioni e uomini provenienti da tutto il mondo.
La luce assume un ruolo fondamentale nel progetto: mezzo salvifico dall’ignoranza, immagine a cui l’Illuminismo ci ha abituato, essa verrà articolata, fuori di metafora, anche in pozzi di luce e cortili, nell’occasione del accostamento all’edificio storico dell’architetto Bernasconi. Di questo si propone il riutilizzo, demolendone le parti spurie, che ne hanno mutato la tipologia, attuando un restauro conservativo della porzione originaria e programmando migliorie che ne ottimizzino le prestazioni energetiche. La conservazione dell’edificio di Bernasconi viene attuata per salvaguardare l’immagine iconografica consolidata dei luoghi in cui il nuovo palazzo si inserisce, verso il centro cittadino. Ma anche per il valore intrinseco dell’architettura in se: Bernasconi architetto, allievo di Boito, è esponente della scuola dei locarnesi e bene rappresenta l’architettura della fine del secolo, che sarebbe una perdita cancellare. L’edificio è bene inserito urbanisticamente rispondendo al successivo piano Saleggi. Inoltre il suo impianto distributivo è congeniale al riadattamento funzionale di cui si necessita. La conservazione dell’edificio storico rappresenta un valore aggiunto rispetto alla sua demolizione sia pure con un possibile incremento volumetrico, poiché si conserva un buon edificio.
L’accostamento all’edificio esistente, memoria storica del sito, di un Edificio / Montagna monolitico, introverso, viene proposta per chiarire la complessità del contesto verso sud-ovest, per trovare un ordine visivo nel disegno urbano.
L’operazione fondativa nell’approccio all’edificio esistente, richiama un’altra caverna: quella della villa di Tiberio. Famosa per il ritrovamento di numerosissime sculture, fra cui anche originali greci di epoca ellenistica, la Villa di Tiberio è una grande villa romana, appartenuta nel I secolo d.C. all'imperatore romano Tiberio, situata nella cittadina di Sperlonga (LT), in Italia. La villa, adagiata sulla costa, si articola su terrazze digradanti verso il mare e presenta una serie di ambienti intorno ad un cortile porticato. Agli inizi del I secolo d.C. venne aggiunta alla costruzione un lungo portico a due navate e la grotta naturale che sorgeva presso la villa fu inglobata del complesso, inquadrandone l'ingresso con un prospetto architettonico e trasformandola parzialmente con interventi in muratura e la collocazione di sculture. La grotta naturale, preesistente alla fondazione della villa, viene cioè trasformata come parte di essa, articolandola in ambienti diversi nelle varie cavità. L’edificio storico pre-esistente, in questa logica fondativa di ri-utilizzo delle caratteristiche del luogo, viene considerato come l’antro, la cavità cui appoggiarsi per edificare un palazzo nuovo, un complesso che integra, unendole e trasformandole, le parti preesistenti e nuove.
IL PROGRAMMA E LE PARTI
Il progetto propone il recupero della sola parte originaria dell’edificio progettato in quest’area da Bernasconi. Se ne conserva quindi il fabbricato a C, prospiciente via Conturbio. Il nuovo edificio del Palazzo del Cinema viene quindi ampliato con un fabbricato di forma compatta di quattro piani, di cui uno parzialmente interrato, accostato sul lato sud-ovest, generando quindi un cortile interno. L’ingresso principale al Palazzo, accesso pubblico, è collocato sull’estremità sud-ovest del piano inferiore, all’intersezione di via Rusca e via Luini, in uno spazio aperto ma coperto. Alla quota stradale di via Luini, l’edificio si apre, offrendo cavità, ad una piazza coperta, denominata piazzetta del Pardo. Qui non si trovano ingressi, ma l’ampia vetrata che mette in relazione l’antro della caverna/sala cinematografica principale con la luce e la vista esterne. Sulla linea di contatto dei due edifici, al piano di quota stradale, trovano luogo gli accessi alle altre parti dell’edificio: alla quota più bassa, troviamo sul vicolo est l’ingresso pedonale dedicato alle strutture di CISA e USI SUPSI; alla quota più alta, su via Rusca, troviamo l’accesso dedicato alle strutture del Festival del Cinema. Altri accessi, pedonale e carrabile, dedicati ai magazzini della parte nord si trovano su via Conturbio e sul vicolo est adiacente.
La biglietteria per l’accesso pubblico prospetta sull’esterno dell’edificio, sullo spazio coperto. Subito dopo la bussola di ingresso si apre il foyer, distribuito nella parte centrale dei primi due livelli dell’edificio. Su questo si affacciano, alla quota inferiore, guardaroba custodito e contenitori guardaroba self-service, un bar, un piccolo punto informazioni / chiosco, gli ingressi alle due sale più piccole (154 posti ciascuna) ed i servizi igienici. Dalla quota superiore del foyer, cui si raggiunge da una scenografica scalinata, già memoria dell’Operà parigina, si accede invece alla sala cinematografica principale (543 posti). Il foyer a questa quota fronteggia il cortile interno, che rende l’edificio esistente di Bernasconi una quinta teatrale scenografica, nuovamente piena di luce naturale. Incorniciano il cortile, a questo ma anche ai due livelli sovrastanti, gli spazi dedicati al Festival e gli spazi dedicati a CISA e USI SUPSI. I percorsi di collegamento fra le varie parti possono essere interrotti, per impedire commistione di fruitori esterni ed interni, semplicemente chiudendo le porte di comunicazione, poiché le varie parti sono dotate di sistemi di risalita autonomi ed ingressi diversificati. Nelle aree intermedie fra i due ambiti sono collocati gli spazi per la Film Commission del Festival, al piano +205.50 ed uno spazio multiuso del CCA (Centro Competenze Audiovisivo), all’ultimo piano, quota +210.35. Una quarta sala proiezione è ricavata al livello 205.50, utilizzabile dai diversi enti locati nel Palazzo. La sala cinematografica principale si estende sino al livello superiore dell’edificio: essendo suddivisa in platea e galleria, presenta flessibilità d’uso. Le uscite di sicurezza riportano alla piazzetta del Pardo, sul fronte d’ingresso.
Si sottolinea come le sale cinematografiche siano pensate come scatole chiuse a sé stanti, in modo che le loro strutture, portanti e divisorie, siano indipendenti e non ci sia quindi fra esse propagazione di suono o vibrazioni.
Al livello più basso, in adiacenza a via Conturbio e dotati anche di accesso carrabile da questa, sono ricavati dei magazzini , che saranno nella disponibilità comunale.
I locali tecnici degli impianti sono collocati all’ultimo piano, in area baricentrica rispetto alla pianta ma con possibilità di aerazione esterna, onde minimizzare i percorsi distributivi degli stessi impianti.
MATERIALI
L’architettura dell’involucro prevede una facciata ventilata, che garantisca i requisiti tecnici necessari al buon comfort ambientale (controllo igrometrico e termico). Il rivestimento superficiale, che funzionerà da frangisole, sarà realizzato con lamelle di acciaio rivestito a polvere nero lucido, per cercare riflessione della luce e l’effetto a specchio dell’ambiente circostante. Il materiale prescelto, di estrema durabilità per la finitura, avrà economia manutentiva per la semplicità di pulizia sul lungo periodo. L’inclinazione o piegatura delle lamelle sarà diversificata per realizzare un gioco di chiaro-scuro sui prospetti e comporre una partitura stilistica.
La cassa strutturale sarà realizzata con pannelli in cemento e sarà l’immagine dura della caverna dell’edificio / Montagna.
Per le pavimentazioni sarà adoperata pietra in lastre, con lavorazione spazzolata, gli ambienti interni saranno sobri e rigorosi nell’essenzialità di un luogo magico.