Sguardi: Cesena con occhi diversi - 3 Piazze
un infinito esattamente misurato
“In questo punto della città s’insegna fino dal milleduecento. Per secoli e secoli ai sacri canti fece eco la voce dei maestri, e fra i templi della fede stette un altro tempio non meno santo. Poi le chiese e i chiostri caddero a poco a poco sotto i colpi del martello demolitore; ma la Biblioteca restò, e le scuole si perpetuarono rinnovandosi dalle prime celle claustrali fino alle costruzioni più recenti, dove si schierano le aule care alla nostra memoria.”La Biblioteca Malatestiana affonda le sue radici nel 1400. Per volere di Malatesta Novello, “nel 1447 Matteo Nuti, fanensi ex urbe creatus Dedalus alter, iniziò, compiendola nel 1452, una lunghissima ed alta mole a due piani quasi parallela alla chiesa di S. Francesco”. Da questo momento in poi la città è cresciuta intorno ad essa, si è ampliata, si è contratta, si è modificata.
La Malatestiana è invece rimasta immobile, indifferente agli stravolgimenti esterni. Nel “Nome della Rosa”, Umberto Eco fa dire all’Abate:” …la biblioteca si difende da sola, insondabile come la verità che ospita, ingannevole come la menzogna che custodisce. Labirinto spirituale, è anche labirinto terreno. Potreste entrare e potreste non uscire…”. Per secoli i frati francescani e poi i bibliotecari hanno custodito questo tesoro. All’interno delle sue mura, uomini come questi hanno visto irrompere le turbe dei barbari, saccheggiare le loro abbazie, precipitare i regni in vortici di fuoco, eppure hanno continuato ad amare le pergamene e gli inchiostri e hanno continuato a leggere a fior di labbro parole che si tramandavano da secoli e che essi tramandavano ai secoli a venire. Hanno continuato a leggere e a copiare; “per questi uomini votati alla scrittura la Biblioteca era al tempo stesso la Gerusalemme celeste e un mondo sotterraneo al confine tra la terra incognita e gli inferi. Essi erano dominati dalla Biblioteca, dalle sue promesse e dai suoi interdetti. Vivevano con essa, per essa e forse contro di essa, sperando colpevolmente di violarne un giorno tutti i segreti…”
La nuova piazza non può prescindere dalla presenza della Biblioteca. La biblioteca come entità fisica e ideale, e la scrittura sono le sue fondamenta. Il progetto si struttura su quattro scelte strategiche: l’individuazione di un tracciato regolatore, il disegno del pavimento, le colonne-libro ed infine la grande panca.
Esistono suoli più pesanti di altri. Nelle città storiche il terreno su cui camminiamo ricopre strati che poggiano su livelli via via più antichi. Abbiamo bisogno di una superficie in grado di confrontarsi con il peso della storia che caratterizza questo luogo. Nella sua stratigrafia troviamo resti che risalgono fino all’epoca romana e su questi, pazientemente, la città è cresciuta. Come tocchiamo terra? Come organizziamo il piano orizzontale? Il pavimento non è un foglio di carta. Ha un peso, uno spessore, una corposità che il progetto deve per forza di cose prevedere. Lo spessore delle lastre, la dimensione e la materia dei giunti sono alcune delle scelte più difficili. Questo piano che oggi costruiamo deve poter radicarsi in un tempo più antico. Esso nasce dalla città e dalla sua storia. E’ li che deve trovare le sue radici. In ogni luogo esistono relazioni profonde, non immediatamente percepibili. Questo è ancora più vero nella città storica, dove le epoche e le tracce si susseguono l’una all’altra. Trovare le radici e accordarsi ad esse è il compito principale dell’architetto. Diceva Fernando Tavora che ogni architetto è un restauratore nel senso proprio del termine: cerca le migliori qualità presenti nel luogo.
Per prima cosa, dunque, abbiamo lavorato sulla scelta del materiale più adeguato per pavimentare la piazza. Il pensiero è tornato ad un brano scritto da Francesco Venezia che riguardava la diversa natura delle pietre. In questo testo, l’architetto campano affermava: “ Diversa è la natura delle rocce. Alcune, come i graniti, appartengono ad un mondo primigenio. Si sono formate prima ancora di ogni vita e, non avendo inghiottito nulla di vivo, evocano un tempo infinitamente profondo. E bene furono scelte per dare sostanza incorruttibile a monumenti che ambivano a proiettare la memoria degli uomini che li vollero in un tempo altrettanto profondo, ritenendosi la morte approdo del breve transito della vita.” Il granito è dunque in grado di custodire la memoria e come le biblioteche affonda le sue radici nella profondità del tempo.
Morfologicamente, la piazza si dispone su due livelli principali: il livello zero, corrispondente alla quota di accesso del Palazzo del Capitano e di Palazzo Almerici, e il livello -0,60, corrispondente agli ingressi della Biblioteca ed al Chiostro di San Francesco. Se dunque per il livello zero si è scelta una pavimentazione in granito, per il livello -0,60 si è preferita una pavimentazione in opus signinum con inserti di tessere di granito lucidato. In tal modo, si associa alla stesura omogenea e povera del cocciopesto una più complessa “scrittura” pavimentale pur mantenendo un carattere essenziale e sobrio. Il piano pavimentale entra allora in relazione con il ricordo della Chiesa di San Francesco ed allo stesso tempo stabilisce un legame con la biblioteca stessa. L’apparecchiatura pavimentale della quota zero è ottenuta attraverso l’uso di una teoria di tessere esagonali. Sia la forma che il materiale prescelto hanno una precisa motivazione.
Per ciò che attiene alla forma esagonale, il rimando ideale è a Jorge Luis Borges e più precisamente ad un suo racconto del 1941 dal titolo “La Biblioteca di Babele”. Il racconto di un infinito esattamente misurato. Borges ottenne questo contraddittorio risultato semplicemente descrivendo una piccola cella esagonale e moltiplicandola fino ad occupare tutto lo spazio concepibile. Non contento, ne riempì i venticinque scaffali di tutti i libri scrivibili, di senso compiuto o no, combinando liberamente i venticinque caratteri ortografici del nostro alfabeto.
Allo spazio già infinito della Biblioteca si venne a sovrapporre il tempo infinito necessario alla lettura e alle possibili interpretazioni di tutti i suoi volumi. La cosa più interessante, tra le tante suggestioni presenti nel racconto, è la possibilità di generare una estrema complessità utilizzando un unico semplicissimo elemento. Le tessere esagonali verranno sottoposte a tre tipi di trattamento superficiale: la bocciardatura fina, la bocciardatura grossa e la lucidatura . Ancora una volta torna il tema della scrittura a caratterizzare la superficie pavimentale. Opportunamente mescolate esse andranno a comporre un testo tratto dal Nome della Rosa di Umberto Eco:
”Monasterium sine libris est sicut civitas sine opibus, castrum sine numeris, coquina sine suppelectili, mensa sine cibis, hortus sine herbis, pratum sine floribus, arbor sine foliis…”
dal livello della piazza il testo non sarà riconoscibile ma, dall’alto esso diventerà leggibile. Attenzione e cura dei margini. Non tagliamo le lastre verso i bordi ma, le mescoliamo all’opus signinum che è in grado di assorbire qualsiasi irregolarità. Come nelle nuvole delle stampe giapponesi , esso genera una zona di silenzio che prepara al disegno più complesso della piazza. Un ciglio, l’opus signinum e poi gli esagoni. I primi due elementi mediano l’ingresso alla piazza. Una volta dentro il disegno geometrico prende il sopravvento.
La biblioteca esce dai suoi confini naturali ed invade la piazza. Le sue colonne strutturano lo spazio. Nel 1966 Francois Truffaut gira la trasposizione cinematografica di Fahrenheit 451, romanzo fantascientifico scritto nel 1954 da Ray Bradbury. Nella scena finale, Montag fuggito dalla città si rifugia nel bosco dove vivono gli uomini-libro che cercano di preservare il contenuto dei libri imparandone a memoria il testo. Da questa immagine è nata l’idea delle colonne-libro che invadono e caratterizzano la nuova piazza. Come una proiezione ideale della biblioteca le colonne nascono dal tracciato regolatore generando uno spazio ipostilo il cui tetto è il cielo. Sulla loro superficie sono incisi frammenti di testi. Alcune sono dotate di un sistema audio, raccontano, bisbigliando, storie.
Entrare nella piazza significa ora entrare nella biblioteca. La scrittura ed i racconti la riempiono. Le colonne saranno realizzate in rame. E’ un materiale vivo su cui il tempo lascia una patina che lentamente si modifica (il tempo “scrive” sul rame). Esse saranno realizzate sovrapponendo due strati: uno traforato variamente da lettere e testi ed uno che sarà, invece utilizzato come sfondo e composte da una serie di moduli cilindrici che sovrapposti e resi solidali da una armatura metallica saldata all’interno vanno a formare una unità verticale. Il modulo della base, assolve la funzione di illuminazione d’effetto e di illuminazione funzionale. La luce d’effetto è prodotta da una serie di bucature disposte in una particolare texture praticate nel cilindro per tutta l’altezza del primo elemento.
L’illuminazione è creata da una sorgente a LED che ne garantisce una lunga durata, stimata in circa 15.000/20.000 h e un basso consumo energetico, eliminando qualsiasi ciclo di manutenzione. La possibile sostituzione dell’alimentatore a bassa tensione, di protezione IP65, avviene tramite un piccolo sportello di ispezione posto a circa 50 cm dal suolo e serrato con chiavi speciali. Nella parte inferiore del modulo di base è installata a corona una sorgente lineare LED , tipo strip LED ad alto flusso luminoso che va ad illuminare in modo radente la pavimentazione in granito, garantendo i livelli di illuminazione richiesti per le aree pedonali e creando un suggestivo effetto di sospensione. Anche in questo caso l’alimentatore sarà collocato nel vano prima descritto. Entrambe le sorgenti hanno una temperatura di colore di 4000°K. Il fissaggio al suolo prevede la realizzazione di un plinto in calcestruzzo con barre tirafondo che rendono solidale il plinto con una piastra di acciaio saldata alla struttura portante.
L’altezza delle colonne-libro è variabile e potrà arrivare anche a sei metri. I testi saranno incisi sulla loro pelle a partire da una altezza di circa 1m, e potranno arrivare fino alla sommità dei pali. Di notte una sorgente a LED permetterà di leggere il testo mediante la retroilluminazione di una sottile lastra di opalino antiabbagliante. La notte la luce farà apparire testi che poi all’alba scompariranno. La scelta dei brani da trascrivere sulle colonne potrà avvenire attraverso un processo partecipativo che potrà coinvolgere i frequentatori della biblioteca, le associazioni culturali o le scuole. I testi registrati potranno essere facilmente sostituiti e sarà quindi possibile variarli in riferimento a particolari eventi o manifestazioni. La piazza sarà un’esperienza, una passeggiata tra i libri accompagnati, forse, da Italo Calvino, Umberto Eco, Don De Lillo....Il modulo terminale del palo è destinato a due funzioni: una illuminazione d’effetto che riprende lo stesso schema del modulo di base e una illuminazione di segnalazione per dare la lettura notturna della piazza. La sommità del palo avrà una sorgente a LED con un policarbonato diffusore bianco opalino che permette di traguardare la posizione del palo e la relativa altezza in un continuo dialogo tra le colonne di 3 altezze variabili (4ml, 5ml, 6ml).