Giovani architetti grattano il cielo
DISGIUNZIONE VERTICALE
Un invito a grattare il cielo stimola inevitabilmente la riflessione sul rapporto tra la città e la torre, in particolare sulla sostenibilità programmatica di un modello che, per quanto declinato nelle sue sfumature più green, resta un intruso del tessuto urbano.
La torre simboleggia il manifesto di una modernità decadente, un’architettura portatrice di valori ormai entrati in crisi. Icona indiscussa del progresso e dello sviluppo economico, simbolo monolitico del potere della società, la torre è stata già progettata e declinata seguendo ogni logica, programma e formalismo.
Da questi presupposti si sviluppa l’idea della torre come un pezzo di città decontestualizzato e indipendente.
Il tentativo di rendere la qualità e la quantità del programma proporzionali si traduce nella frammentazione del modello di torre. Il modulo che si ottiene svolge la funzione di un contenitore in cui può essere riprodotta la varietà programmatica del modello urbano.
Una fetta di città viene riprodotta all’interno del modulo, così da renderlo (quasi) indipendente dal suo contesto.
Il controllo compositivo della dismisura si ottiene attraverso un unico gesto architettonico ripetuto e ripetibile: sovrapponendo due porzioni, due parti di città si ottiene l’autosufficienza del modello.
Se si continuasse a sovrapporre nuovi tasselli, si otterrebbe una struttura urbana complessa, sia in termini di programma che di relazioni.
La forma propone un’immagine di rottura rispetto alla tensione verticale del tradizionale modello di torre.
Il punto di giunzione genera uno spazio dal carattere ibrido, una grande piazza rialzata che permette un’esperienza diversa dello spazio urbano: non ci si trova in cima ad un grattacielo ma ad un’altezza sufficiente per permettere un nuovo tipo di rapporto con la città.
La comprensibilità dall’esterno della natura della torre la rende parte integrante della città. Gli spazi pubblici all’interno della torre vengono distribuiti stabilendo una gerarchia rispetto alla grande piazza: piani occupati da attività interamente pubbliche si alternano a dei vuoti verdi, così da generare un buon mix degli spazi collettivi.
La ricchezza dei caratteri distributivi è garantita dalla diversificazione dei percorsi interni. Un nucleo di distribuzione centrale attraversa la torre mentre i due nuclei secondari e il collegamento obliquo in corrispondenza del punto di giunzione, permettono una fruizione più lenta degli spazi pubblici.
Un invito a grattare il cielo spinge inconsciamente a considerare la torre nell’interezza della sua forma, dalla base alla sommità. Si potrebbe quasi definire la torre come architettura monotona, che segue un andamento crescente senza troppo curarsi del suo sviluppo, con l’obiettivo di raggiungere il cielo il più velocemente possibile, senza limiti.
La proposta per la mostra di Casabella è da leggersi non come una variazione formale sul tema dell’edificio a torre ma come uno spunto di riflessione critico alla tradizionale via del cielo.
An invitation to scratch the sky inevitably stimulates reflections on the relationship between the city and the tower, especially on the sustainability of the program of this typology that is, in any case, an intruder in the urban context. The tower represents the manifesto of a decadent modernity; an architecture that conveys values now comes into question. An undisputed icon of progress and economic development, the monolithic symbol of the power of Capitalism, the tower has already been designed following a program of logic and formalism. Starting from these assumptions we developed the idea of the Tower as an individual part of the city, independent of its context.
The attempt to make proportional the quality and quantity of the program generates a fragmentation of this architectural type. The module that is obtained has the function of a container in which can be reprooped the programmatic variety of any urban area. A slice of the city is then reproduced inside this module. Using this strategy we can make the Tower (almost) independent of its context. The composition control of the “excess” is achieved through a single architectural gesture repeated and repeatable, over and over again. Overlapping parts of the city we can obtain a self-sufficientcy mod.
If you continue to superimpose new pieces, you would get a complex urban structure, both in terms of program and connections between parts. The shape suggests a radical break with the traditional vertical tension that anyone can experience looking up at a tower. The “in-between” joint space generates a new hybrid character, a large elevated square which that a a different experience of urban space: you are not at the top of a skyscraper, but height tnouhto have a new type of relationship with the city. The intelligibility from the outside of the nature of our tower from the outsidegral part of the city. Public spaces inside the tower are distributed by establishing a hierarchy in relation to the great square: public activities are alternated with green spaces, generating a good mix of public spaces, ensured by.
Therihness of distri functions. A faster zone of movement distribution le tower while the two secondary cores and the oblique connections visible behind the structure allow a slower use of public spaces. An invitation to scratch the sky leads unconsciously to consider the tower in the entirety of its shape, from its base to the highest point. Towers are monotonous architecture, which follow an upward trend without any attention to the progress of their development, wthe aim isto reach the sky as quickly as possible., without There aets. We consider the proposals for the Casabella exhibition not as a formal variation on the theme of the Tower but as challenge for a critical reflection on the traditional route to the sky.