Nuovi Spazi Espositivi - Fondazione Cini
ex Convitto - Isola di San Giorgio Maggiore Venezia
L’edificio che ora ospita i nuovi spazi espositivi della Fondazione Giorgio Cini onlus prospetta sulla Darsena Grande, dell’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia.
Le prime notizie sul fabbricato risalgono al 1792, quando un decreto del Senato della Repubblica dichiara l’intenzione di realizzare sull’isola di San Giorgio dei magazzini per la dogana il cui aspetto avrebbe dovuto ispirarsi alla Dogana della Salute.
La costruzione venne poi realizzata nei primi anni dell’ottocento, con una pianta rettangolare di circa 97 metri per 17, organizzata su di un solo livello e copertura sostenuta da grandi capriate alla Palladiana.
Questo impianto sarà profondamente modificato con l’intervento di trasformazione del 1954, quando si insedia il convitto annesso alla scuola per le attività marinare.
Il progetto di riuso appena ultimato trae origine da alcune semplici considerazioni:
Il progetto ottocentesco ci ha lasciato un edificio la cui natura è inscindibile dal rapporto con la darsena, su di essa si aprivano le porte per l’ingresso delle merci e prospettava il grande fronte monumentale che si fa molto più modesto verso l’interno.
Al contrario l’edificio risultante dall’intervento degli anni cinquanta ha una distribuzione introversa, ordinata da un corridoio centrale, con un solo ingresso posto all’estremità ovest, chiuse le porte verso la darsena si aprono, invece, nuove aperture sul fronte interno. Questi lavori comprendono anche la realizzazione di solai in laterocemento che interessano circa la metà della superficie totale.
Il nuovo progetto cerca di far coesistere le due anime di questo edificio, consentendo la lettura di entrambe e realizzando interventi reversibili e di modesto impatto sull’esistente.
Il programma funzionale prevedeva la possibilità di avere spazi modulabili, in modo da poter ospitare manifestazioni sulla totalità dello spazio oppure solo su una parte, magari con esposizioni diverse ma contemporanee. La richiesta, inoltre, era per una certa varietà di spazi, ampi o raccolti, per assecondare le più diverse esigenze di allestimento.
Il nuovo distributivo è organizzato attorno ad un nucleo centrale che ospita i servizi di accoglienza ed attorno al quale si sviluppa un percorso ad anello, che comprende anche il piano superiore, consentendo l’uso modulare dello spazio come richiesto dalla Fondazione Cini.
Si sono realizzate due grandi sale espositive a doppia altezza e due più basse al piano terra e sottotetto, inoltre ci sono locali per i magazzini e gli impianti.
Il progetto recupera il rapporto dell’edificio con la darsena, sono state ripristinate le porte con nuovi serramenti, in luogo di quelli fissi del ’50, lasciando sostanzialmente immutato il prospetto, del quale sono state mantenute, con lievi modifiche, le grate esistenti.
Le necessità legate all’esposizione portano al recupero del rapporto tra l’edificio e la darsena, è infatti da lì che giungono le opere da esporre e la riapertura delle porte permette di introdurre opere anche di grandi dimensioni, negli spazi maggiori, in modo indipendente tra una sala e l’altra.
Il nuovo atrio è stato realizzato con l’intento di mantenere la sensazione di monumentalità dell’edificio che il grande fronte nord comunica al visitatore, per questo è stata rimossa una porzione del solaio in modo tale da ottenere un atrio a doppia altezza.
La circolazione ad anello richiedeva la realizzazione di una nuova scala, che è stata realizzata nella grande sala sul lato est, con struttura in ferro, quindi reversibile, compresa tra un setto esistente ed una nuova parete, sempre con struttura metallica, particolarmente adatta per la notevole dimensione, all’esposizione di grandi opere.
La seconda scala, di misura più contenuta, è stata costruita, sempre con struttura in ferro, sovrapposta ad una esistente, ma con un rapporto tra alzata e pedata rispondente alle normative attuali.
Al piano sottotetto sono stati recuperati due pozzi luce, risultanti dall’intersezione tra il solaio del 1954 e le finestre poste sulla facciata monumentale. L’intervento consente non solo di portare luce naturale nel locale, ma anche di capire le trasformazioni dell’edificio, mettendo in evidenza il conflitto tra solaio e finestra.
Fondamentali per il nuovo intervento di recupero sono state anche le esigenze impiantistiche, legate alla necessità di disporre di un sofisticato sistema di controllo del clima come richiesto per l’esposizione di opere particolarmente sensibili.
Le macchine per il trattamento dell’aria sono state collocate in un soppalco, realizzato in metallo tra due setti esistenti, al centro dell’edificio. A questo modo è stato possibile predisporre le uscite dell’aria senza alcuna tubazione a vista nelle grandi sale.
Per la ripresa dell’aria dall’esterno sono stati ripristinati alcuni abbaini, del tutto simili a quelli che erano stati rimossi, solo alcuni anni or sono, dalla copertura.
La distribuzione dell’aria è stata fatta realizzando controparete in cartongesso che circonda tutte le sale.
Questa struttura permette di mascherare completamente l’alloggiamento dei fan-coil ed il passaggio di cavi elettrici ed inoltre consente l’utilizzo per l’esposizione.
Nella parte bassa della controparete è stata ricavata una fascia continua di pannelli removibili che consentono un’agevole accessibilità agli impianti, in qualsiasi punto delle sale.
I pannelli, come tutte le altre parti in metallo a vista, hanno finitura superficiale a ruggine frenata.
Nelle sale maggiori sono state tamponate, esclusivamente con una parete interna in cartongesso, alcune delle finestre che erano state aperte sul fronte interno con i lavori del 1954.
Questo intervento, assieme ad un ridisegno dei serramenti volto a recuperare allineamenti e proporzioni, ha permesso di rendere meno stridente il contrasto tra il prospetto nord, rimasto invariato dall’origine della costruzione, e quello sud, segnato dalle numerose finestre alte e strette degli anni cinquanta.
Ancora a proposito dei serramenti è significativo il disegno della grande portafinestra che caratterizza la sala est dell’edificio: il panorama di cui si può godere da questa finestra, rivolta verso la laguna ed i giardini della Biennale è straordinario, per questo è stata limitata al minimo la presenza di qualsiasi divisione nel serramento che mostra il panorama come fosse un’opera esposta.
Nella consapevolezza che lo spazio sarebbe stato utilizzato in prevalenza con illuminazione artificiale, si è scelto di utilizzare un colore grigio molto scuro per l’interno del tetto e per la parte superiore delle pareti. Questo colore mimetizza le canalizzazioni necessarie all’illuminazione degli allestimenti, annulla i riflessi e rende anche gli spazi più grandi accoglienti.
Il pavimento, sovrapposto all’esistente, è in listelli di legno verniciato, questa scelta è stata resa possibile dall’intervento degli anni cinquanta, con il quale è stata innalzata la quota di piano terra in modo che neppure le maree eccezionali possano creare problemi.
I lavori sono stati ultimati contestualmente alla realizzazione dell’allestimento della prima mostra ospitata nei nuovi spazi, “Giuseppe Santomaso e l’opzione astratta”,il progetto ha compreso anche gli arredi dell’atrio e dell’adiacente bookshop.