VALDAGNO - PROGETTO IN EVOLUZIONE
RIGENERAZIONE DELL'IDEALE
1 - Premessa
L’articolo 2 del bando (suddiviso in: parte I°, obiettivi
generali; parte II°, obiettivi particolari) pone gli estremi entro i quali collocare il progetto di
concorso. In altre parole, l’art. 2 richiama una
visione sull’intera storia di Valdagno: dall’origine della sua nascita al destino del suo futuro.
All’interno di questa prospettiva, che ha come unico scopo la ricerca del senso di ogni fare, e perciò della forma, non si possono ignorare le tre Stimmung, le configurazioni principali che caratterizzano la struttura attuale di Valdagno:
a- La città «storica»,
b- La città «sociale»,
c- La città «contemporanea».
Il modello della città «storica» deriva la propria
forma da un lento processo di accumulazione, che
possiamo definire «organico», dipendente dalle
caratteristiche geografiche dei luoghi: topografia,
idrografia, economia.
Il modello della città «sociale» deriva la propria
forma dal principio di volontà, somma di ideale e
razionale. Nel nostro caso, dall’universo mentale e
spirituale del Cav. Gaetano Marzotto e dalla capacità d’interpretazione dell’architetto Francesco Bonfanti.
Il modello della città «contemporanea» deriva invece la propria forma dalla mancanza di ogni progetto,fondando la propria legittimazione sul rifiuto e sulla negazione dei modelli precedenti, delegando tutto all’arbitrio degli interessi individuali e al caso delle necessità materiali.
(Questo ultimo punto, peraltro, appartiene ad una
dimensione ben più ampia e profonda della cultura
contemporanea, conseguenza ultima e diretta della
grande tradizione nichilista appartenente al sapere
occidentale. Quindi, le cause della crisi del nostro sapere pratico-funzionale hanno un’origine molto più remota e complessa di quanto non possa apparire da ogni specifica situazione attuale).
Riepilogando, i tre modelli di Valdagno sono
l’espressione realizzata e compiuta:
a- della natura: (densità, compattezza, economia
della forma);
b- dell’ideale: (unità di valori e unità dell’idea,
gerarchia dei tipi, pluralità dei linguaggi);
c- dell’individuale: (dispersione, inconsapevolezza,autoreferenzialità del fare).
Infine.
I primi due modelli (a-b) si sono dati:
- come immagini autonome e distinte;
- sono sorti sui versanti opposti della valle;
- hanno rafforzato la loro dualità grazie alla linea di divisione dell’Agno. Il terzo modello (c), invece, si è insinuato tra i due, -soverchiando la distinzione (formale) con la confusione(informale); -rafforzando gli interessi (individuali) a danno dei valori ideali (universali); -privilegiando il programma (concettuale), rinunciando al progetto (estetico); -imponendo il funzionale (pragmatico), rifiutando lo spirituale (reale).
2 - L’occasione: la Villa Favorita
Queste valutazioni di carattere generale (art. 2,
parte I°) predispongono lo sfondo indispensabile
alle valutazioni di carattere particolare (art. 2,
parte II°) che ora introduciamo.
Infatti, il luogo della Villa Favorita, con il suo
progetto incompiuto, apre ad una serie di considerazioni logico-socio-estetiche, che pur riflettendo sul contingente non possono escludere il trascendente.
Innanzitutto l’idea iniziale di intervenire direttamente sul basamento della villa, come previsto dal bando, non può essere scontata né accettata. La mancata realizzazione del progetto Ponti investe un ordine di valori che non possono essere così facilmente rimossi o dimenticati. Per diverse ragioni radicate ormai nella storia di Valdagno.
a- Il topos. Il luogo della villa occupa il baricentro fisico del parco, ma è anche il topos metafisico della «città sociale» (la «città dell’armonia»!). In quel punto preciso si incrociano due assi fondamentali.
L’asse orizzontale della città «sociale» (prospettiva monumentale tra dimensione urbana e dimensione eliografica) ruota di 90° la direzione nord sud della valle. Infine, l’asse verticale, il vero perno dell’ideale spirituale, attorno al quale si è costruito il grandioso progetto Marzotto-Bonfanti.
Un’utopia realizzata che richiederebbe un’autocritica politico-disciplinare assolutamente inedita.
b- L’altare. Il «vuoto» che aleggia sopra il basamento assume su di sé un ruolo straordinario. La dimensione sacrale (il distinto), al centro di ogni autentico ideale, diventa presenza intangibile che ci avvolge ogni volta che visitiamo il parco. Quel luogo ci osserva e quasi ci scruta. Un’intima percezione colpisce la nostra emozione trasformandosi in un senso di rispetto e riserbo. Il basamento, un tappeto di muschio appena affiorante dal terreno, protetto da una rada vegetazione spontanea, da rudere si trasforma in altare sul quale celebrare il sacrificio dell’ideale. Forse era destino che la Villa
Favorita non venisse costruita di pietra, ma di sostanza spirituale. In quelle vestigia si racchiudono le tracce di un futuro non ancora compiuto -e- solo se desiderato e perseguito potrà effettivamente realizzarsi.
Valdagno possiede in quel punto qualcosa di
raro e speciale: un codice da decifrare, un geroglifico (il segreto come risorsa) del proprio avvenire.
c- L’ideale. Nell’intenzione di intervenire su «Villa Favorita», già nel suo nome convergono i raggi del futuro, è inscritta una sorpresa oltre che un enigma:
il capovolgimento del nostro pensiero. «Progetto in
evoluzione», titolo del concorso, non riguarda allora il completamento fisico «dell’incompiuta» di Giò Ponti. Non si può intervenire in quel luogo costruendovi qualcosa. Qualsiasi cosa. Pena la sua distruzione e sparizione. Bisogna invece intervenire celebrando ciò che lì si consuma e si rigenera continuamente: l’ideale.
L’immagine invisibile (latente ma permanente) della città alla quale la città aspira fin dalla propria infanzia. L’ideale (reale) contempla nella somma dei tempi la città intera, nulla esclude, compresa la storia e il paesaggio. Zoomare sul luogo, vuol dire solo divorarlo, annientarlo, poiché concentrandosi sul minimo, su quella esistenza, si nega il massimo, la sua essenza. In altri termini, vuol dire:
spegnere inesorabilmente quell’energia vitale, formante, che lì invisibilmente brucia. Ma emerge un monito: ripensare il modello della «città sociale»
Marzotto-Bonfanti nel nostro tempo, non più visto da allora ma da ora, dal nostro attuale osservatorio, anche se più complesso e confuso.
d- Lo spartiacque. Valdagno, con le sue tre
configurazioni (a-b-c) è di fronte a noi, aperto allo sguardo del nostro pensiero. Con una particolarità.
Il modello della «città sociale» degli anni ’30, segna comunque uno spartiacque importante nell’evoluzione urbana. E’ un indicatore prezioso per il suo duplice coefficiente interpretativo: nei confronti della storia e, nei confronti del futuro. Nel primo caso mette in evidenza l’impotenza della pianificazione contemporanea a produrre una qualsiasi qualità ambientale o architettonica. Senza dubbio una regressione rispetto ai modelli attuali. Nel secondo caso si ripropone ancora come un modello valido (se non straordinario) da ripensare ancora oggi (riflettendo a fondo su alcuni temi e figure
fondamentali: per esempio, sulla figura del Committente e dell’Architetto) purché vi sia il contributo paritetico di tutti e tre i modelli (a+b+c). L’antagonismo tra città «storica» e città «sociale», una critica non tanto velata che serpeggia nei meandri della memoria locale, non è stato minimamente superato dal non-modello di sviluppo della città «contemporanea».
Anzi, tutt’altro. Ma la condizione attuale,
offerta proprio dal concorso, ed è questa la sua
importanza, può favorire la nascita di una visione,
che è sempre un sapere-fare, capace di tenere
insieme, pariteticamente, le tre configurazioni di
Valdagno: naturale, ideale, individuale. A questo
aspira l’evoluzione del progetto di «Villa Favorita».
Luogo per un rito sacro (il sacro è appunto il distinto dalle cose materiali ma il comunedi tutta la materia), sopra il quale aleggia la potenza suprema dell’immagine.
L’immagine, l’originaria e intima forza plastica
della forma (non dell’informe) ha intrapreso, come
nel nostro caso, diverse vie per tendere al suo unico fine: quello ideale. Della Natura, dei Marzotto, di Bonfanti, di Ponti. In un’unica parola: Valdagno.
3 - Il progetto: uno strumento conoscitivo
La grave crisi della pianificazione contemporanea
dipende dal carattere normativo-concettuale,
esattamente l’opposto dell’episteme estetica, del
nostro sapere dominante: il nichilismo tecnicoscientifico.
Ossia, esso rifiuta per principio la verifica
a qualsiasi livello delle decisioni politiche e
delle scelte programmatiche con la dimensione
estetica (il reale: di natura sempre ontologico-metafisico), relegando la verifica alla casualità del momento finale, quando si andrà a produrre e a
realizzare il progetto vero e proprio, come se il realeestetico appartenesse solo a quest’ultimo stadio finale.
Invece, esso appartiene indistintamente a tutti
i diversi e molteplici momenti decisionali. Dal più astratto al più concreto, indifferentemente.
Consapevoli di questa situazione paradossale si
propone per Villa Favorita un progetto che sia strumento capace di offrire una nuova visività. Capace, cioè, di promuovere una sensibilità culturale e civica più accorta e matura.
Il progetto si articola dunque secondo due piani
semantici: formale e visuale.
Il piano formale
Innanzitutto si prevede il recupero del «Parco la
Favorita» nel suo rapporto con la «natura» ed il
«paesaggio», ricollegandosi all’idea originaria
Marzotto-Bonfanti. In questo senso le lottizzazioni
che interrompono la continuità tra il parco e il fianco della montagna (ad est) dovranno essere rilocalizzate, essendo in evidente contraddizione con gli assunti originali della «città sociale». Per sviluppare la proposta sono stati quindi elaborati tre temi principali:
Sacralità del luogo;
Morfogenesi;
Il teatro.
Sacralità del luogo: l’intangibilità del basamento di Villa Favorita.
Nel baricentro geometrico del basamento-altare vi
sarà il punto incandescente -il fuoco- simbolo
dell’ardore che divampa, per riflesso, nel baricentro dell’ideale (di Valdagno). Lo spazio interrato sarà recuperato per la riflessione e il ripensamento restituendo al luogo una densità e compattezza quasi inattraversabile. L’accesso si prevede da est, a monte, come pensato da Ponti. Attraverso due lunghe rampe esterne discendenti si accede ad un corridoio colonnato piegando a ginocchio, fino a giungere dopo un percorso labirintico e periferico, al santuario del
fuoco. In questo modo si garantisce all’esterno la continuità del prato che, come un immobile mare
deve circondare e isolare, per proteggere e salvaguardare, la grande lastra muschiata dell’altare.
Morfogenesi: i nuovi parterre.
Per rispondere ai continui tentativi di alienazione del parco per ragioni futili o speculative, e per ripristinare l’idea originaria di continuità fisica e morfogenetica del parco con il paesaggio, si propone una «perimetrazione», una rivisualizzazione dei suoi confini. A nord, in corrispondenza con l’attacco di via Europa
con viale Duca d’Aosta. A sud in allineamento con
via Leopardi. Ad ovest, naturalmente, con l’asse storico di viale Duca d’Aosta. Ad est, il piano del parco si estende libero, come nel progetto Bonfanti, fino alle pendici della montagna. Nel nostro caso, però, in considerazione delle nuove esigenze viabilistiche, si propongono due nuovi parterre. Il primo forma un gradone con altezze variabili tra i 5 e i 9 metri. Il secondo,
definisce un nuovo orizzonte a quota 285 m.,
alzandosi rispetto al precedente di 8-15 metri. I due nuovi parterre, oltre a ricomporre l’attuale discontinuità tra parco e montagna hanno il compito di incorporare alcuni assi infrastrutturali. Il salto maggiore di quota contiene in galleria la strada di scorrimento tra lo svincolo nord e le nuove aree a sud, e distinte fisicamente, la strada di servizio ai parcheggi del parco, previsti sotto il primo grande
parterre. Infine, i parterre riorganizzano e preparano, con i loro grandi terrazzamenti, i piani di visione prima di giungere al teatro e al suo enigma.
Il teatro: l’aggancio con la collina, il vincolo
dello sguardo.
Forma e posizione del teatro assumono doppia
funzione. Ancorare l’intera figura del parco alla
collina. Essere figura di mediazione tra la natura
(il fianco della montagna) e il parco (la rappresentazione della natura). In altre parole, il teatro è figura semantica posta tra il principio naturale (physis) ed il principio ideale (nous). Ma il teatro, che sta all’inizio della cultura occidentale, presupposto per la nascita della polis, svolge una funzione theorico-critica originaria. Allora, all’albeggiare del sapere occidentale, raccoglieva la comunità affinché assistesse allo spettacolo del cambiamento della verità: dal mito alla filosofia.
In quel momento remoto il teatro anticipava e preparava la nascita della città. Ora, il teatro, con il cerimoniale dei suoi parterre e terrazzamenti, rilancia quel compito originario. Riaccendere lo sguardo della mente e del pensiero su un nuovo spettacolo: il sapere in generale e Valdagno in particolare.
Lo spettacolo d’insieme: paesaggio-città,
storia-memoria, aspettative-speranze, attraverso
le sue tre configurazioni (a+b+c). Il teatro, allora, non è solo luogo di svago o di divertimento, ma l’occhio cosmico e atemporale di Valdagno. Lo sguardo unitivo e infinito di tutti i suoi cittadini.
Lo strumento reale e democratico per programmare
e verificare le scelte poste sempre tra il reale
e l’ideale. Il vero luogo dell’assemblea civica dove tutti sono chiamati a partecipare. Nessuno escluso.
Comprese anche le forme del paesaggio e della
città nella loro enigmatica identità. Il teatro rilancia il suo triplice compito originario: partecipare, educare, contemplare. L’autentico scopo di una democrazia matura. Solo in questa proiezione il teatro potrà sperare di riaccendere la vista alla cecità della pianificazione contemporanea.
Il piano visuale
Il progetto mette in atto un dispositivo visuale
pensato appositamente per la grande scala
paesaggistico-metafisica. Un sistema ottico-rappresentativo (immaginativo-scientifico) caratterizzato da due punti focali principali: quello ideale-spirituale della Villa Favorita; quello reale-contemplativo del teatro. La distanza focale tra i due, circa 200 metri, permette contemporaneamente la messa a fuoco dello sfondo, sul quale appaiono le immagini visibili storico-socio-naturali alternate alle immagini invisibili,
simbolico-noetiche. Il dispositivo visuale è strutturato in modo tale che la nostra vista sia sempre attraversata dall’asse ideale, alimentato costantemente dall’ardore che proviene dalle immagini intime, originarie di Valdagno. Il suo segreto patrimonio iconografico. Ma quella distanza di 200 metri che separa i due punti focali è unita da una serie di piani, terrazzamenti, rampe, dislivelli,
orizzonti, traguardi, per preparare l’occhio
e la mente alla visione, la facoltà analitico-contemplativa acquisita attraverso l’esperienza -il
cammino- conoscitivo e progressivo di ogni
singolo. Quel modo per restituire a Valdagno lo
spettacolo del suo paesaggio, inteso come l’insieme
vincolato dei tempi e di ogni parte al tutto.
Alla sua intima aspirazione.
4 - L’anticipazione: il simbolo
La figura dell’agnello fa da ponte scavalcando
i fianchi della valle divisi dal fiume. Mai come
in questo caso il simbolo appare così pertinente.
Agnus
Agno
Agni
L’agnello; il fiume; il dio vedico del fuoco, colui
che brucia e rigenera nel rituale del sacrificio.
Tenerezza e tepore: sintesi -e tragedia- nei tre
nomi. Ma per giungere all’essenza dell’immagine
simbolica, sul braciere di Villa Favorita
deve continuare a bruciare e ad illuminare l’ardore
dell’ideale. Il punto più oscuro e nobile del
reale. Sembra proprio che Villa Favorita abbia
edificato lo spazio simbolico di Valdagno anticipando da sempre il progetto da completare.
1 - Introduction
In article 2 of the competition program (subdivided
in: Part I°, general objectives, Part II, specific
objectives) indicates the extremes within
which to place the competition project. In other
words, the art. 2 calls for a vision of the entire
history of Valdagno: from the origin of its birth to the fate of its future.
Within this perspective, which has the only
purpose of the research for the meaning of every
doing and therefore of shape, we can not ignore
the three Stimmung, the main configurations that
characterize the present structure of Valdagno:
a- The «historical» city,
b- The «social» city,
c- The «contemporary» city.
The model of the «historical» city derives its
shape from a slow accumulation process, which
we can define as «organic», depending on the
geographic characteristics of places: topography,
hydrography, economy.
The model of the «social» city derives its shape
from the principle of will, a sum of the ideal and
rational. In our case, from the mental and spiritual universe of Cav. Gaetano Marzotto and from the ability to interpret of the architect Francesco Bonfanti.
The model of the «contemporary» city instead
derives its shape from the lack of any project, basing its own legitimacy on rejection and denial of previous models, delegating all to the arbitrariness of individual interests and chance of material necessities.
(This last point, however, belongs to a much
broader and deeper dimension of contemporary
culture, direct and ultimate consequence of the
great nihilist tradition which belongs to Western
knowledge. Therefore, the causes of our crisis of
practical-functional knowledge have a more remote
and complex origin than it may appear in
any specific present situation).
In summary, the three models of Valdagno are
expressions realized and done of:
a- nature (density, compactness, economy of
shape;
b- the ideal (unity of values and unity of the
idea, hierarchy of types, plurality of
languages);
c- the individual: (dispersion, unawareness,
self-referentiality in the act of making).
Then
The first two models (a-b) are given:
- as autonomous and distinct images;
- having risen up on opposite sides of the valley;
- having strengthened their duality due to the dividing line of the Agno river. The third model (c), is instead between the two,
- overpowering the formal distinction with unformal confusion;
- strengthening the individual interests to the damaging of ideal universal values;
- privileging the conceptual program against the aesthetic project;
- imposing the functional rejecting the spiritual one.
2 - The occasion: the Villa Favorita
These general assessments (art. 2, Part I°) provide
the indispensable background to evaluate the particular
characteristics (art. 2, Part II°).
In fact, the site of the Villa Favorita, with its unfinished
project, opens a series of socio-logicalaesthetic
considerations, which, reflecting on the
contingent can not exclude the transcendental.
First of all, the primary idea of intervening directly on the basement of the villa, as foreseen in the competition program, can not be taken for
granted nor be accepted. The lacking to complete
Ponti’s project involves an order of values that
can not be so easily repressed or forgotten. For
various reasons rooted in the history of Valdagno.
a- The topos. The villa occupies the place of the geometrical center of the park, but also is the
metaphysical topos of the «social city» (the «city
of harmony»!). At that precise point crosses two
principal axes. The horizontal axis of the «social»
city (monumental perspective between the urban
dimension and heliographic dimension) rotates
by 90° degrees the north south direction of the
valley.
Finally, the vertical axis, the real pivot of
the spiritual ideal, around which was built the
great project Marzotto-Bonfanti. An utopia realized
that asks for a political-disciplined selfcriticism
absolutely unprecedented.
b- The altar. The «void» that hovers above the
basement takes upon itself an extraordinary role.
The sacred dimension (the distinct) at the center
of every authentic ideal, becomes intangible
presence that surrounds us every time we visit the
park. That place is watching us and almost peers at
us. An intimate perception affects our emotions
transforming it into a sense of respect and decency.
The basement, a carpet of moss just surfacing from the ground, protected by sparse spontaneous
vegetation, from a ruin becomes an altar on which
to celebrate the sacrifice of the ideal.
Maybe it was the Villa Favorita’s destiny not to be built of stone, but of spiritual substance. In those vestiges are enclosed traces of a future not yet done -and- only if desired and pursued will actually be realized.
Valdagno owns at that point something rare and
special: a code to decipher, a hieroglyphic (the
secret as a resource) of its own future.
c- The ideal. In the purpose to intervene on «Villa Favorita», in its name already converge the rays of the future, in it is inscribed a surprise other than an enigma: the reversal of our thinking. «Project in evolution», the title of the competition, does not concern itself with the physical finishing «of the incomplete» by Gio Ponti. One can not intervene in that place building something. Anything.
It will cause its destruction and disappearance.
We must act instead celebrating what is there
consumed and regenerated continually: the ideal.
The invisible image (hidden but permanent) of
the city to which the city aspires since its childhood.
The ideal (the real) contemplate through
time the entire city, nothing is excluded, including the history and landscape.
To zoom on the place, means only to devour it, annulling it, because remaining on the minimum, the existence, is denied the most, the essence.
In other words, it means: to extinguish inexorably that vital energy, shaping it, that there invisibly burns. But a warning is clear: rethinking the model of the Marzotto-Bonfanti
«social city» in our time, not again seen
since then but now. But our present point of view,
even if it is more complex and confusing.
d- The watershed. Valdagno, with its three configurations (a-b-c) is in front of us, open to the gaze of our thinking. With a preciousness. The
model of «social city» of the '30s, however,
marks an important turning point in the urban
evolution. It 's a valuable indicator for its dual
coefficient interpretation: in the relationship with history and with the future. The first case reveals the impotence of contemporary planning to produce any environmental or architectural quality.
No doubt a regression with current models. The
second case still re-proposes itself as a valid
model (if not extraordinary) to rethink still today
(reflecting deeply on a few themes and key
figures: for example, on the figure of Client and
Architect) if there is the joint contribution of all of the three models (a+b+c). The conflict between the «historical» city and the «social» city, a critique not yet unveiled that meanders through the maze of local memory, not yet slightly exceeded by the no-model of urban development of the «contemporary» city. Indeed, not at all. But the actual condition, offered exactly by the competition, and this is its importance, can help the birth of a vision, which is always a knowledge-making, able to hold together, jointly, the three configurations of Valdagno: natural, ideal, individual. At this aspires the evolution of the project «Villa Favorita». Place for a sacred rite (the sacred is precisely the distinct of material things, the common of all matter), above which hovers the supreme power of image. The image, the original intimate plastic force of the shape (not the un-shaped) has undertaken, as in our case, different ways to hold its single goal: the ideal. In the nature of Marzotto, Bonfanti, Ponti.
In one word: Valdagno.
3 - The project: a knowledge device
The deep crisis of contemporary planning
depends on the nature of the normative and
conceptual, of our dominant knowledge: the
technique-scientific nihilism, exactly the opposite
of the aesthetic episteme. That is, it refuses to
verify by principle, at any level, political decisions and programmatic choices with the aesthetic dimension (the real: always of ontological-metaphysical nature). The verification is confined to the randomness of the final moment, when it will produce and realize the project itself, as if the real-aesthetic belonged only to this last final stage.
Instead, it belongs equally to all the different and multiple decision moments of thought. From
the most abstract to the most concrete, without
distinction.
Aware of this paradoxical situation, it is proposed
for Villa Favorita a project that is an instrument
capable of offering a new vision. Able, that is, to promote cultural and _civic awareness-.
The project works therefore according to two
semantic levels: the formal and the visual.
The formal plan
First of all, it is foreseen for the recovery of the «la Favorita Park» in its relationship with «nature» and the «landscape», linking again to the original idea, Marzotto-Bonfanti.
In this sense, the parceling of land that interrupt the continuity between the park
and the mountain side (to the east) would be relocated, being in clear contradiction with the original principles of the «social city». To develop the proposal were therefore elaborated three major themes:
Sacredness of the place;
Morphogenesis;
The theater.
Sacredness of the place: the intangibility of
the Villa Favorita’s basement.
In the geometric center of the basement-altar there
will be the glowing point -the fire- symbol of the
fierce heat that bursts into flame, by reflection, in the inner core of the ideal (of Valdagno). The underground space will be recovered for reflection and rethinking giving back to the place a density and compactness almost un-crossable. Access is foreseen from the east, from the mountain side, as has been thought by Ponti. Through two long external descending ramps is approached a colonnaded corridor which bends, until reaching, after a peripheral and labyrinthic route, the shrine of fire. In this way is ensured the continuity of the lawn outside, as an immobile sea that has to surround and isolate, to protect and safeguard, the musky big slab of the altar.
Morphogenesis: the new parterre
To respond to repeated attempts to alienate the park due to futile or speculative reasons, and to reestablish the original idea of a morphogenetic and physical continuity of the park with the landscape, is proposed a «perimetration», a revisualization of its borders. To the north, in correspondence with the junction of via Europe with viale Duca d'Aosta. To the south in alignment with Via Leopardi. To the west, of course, with the historic axis of avenue Duca d'Aosta. To the east, the level of the park extends freely, as in the Bonfanti project, until the slopes of
the mountain. In our case, however, considering the
needs of new road networks, is proposed two new
parterre. The first forms a large terrace with varying heights between 5 and 9 meters.
The second, defines a new horizon at a level of 285 meters, rising compared to the previous with 8-15 meters. The two new parterre, beyond recomposing the actual discontinuity between the park and the mountains, have the task of incorporating some infrastructural axes.
The major change of level contains in a gallery the
road between the north junction and the new areas to the south, and physically separate the service road to the parking from the green park, provided under the first large parterre. Finally, the parterre reorganize and prepare, with their large terraces, the levels of vision before reaching the theater and its enigma.
The theater: the link with the hill, the bonds
of the gaze.
The shape and position of the theater assume a
double function. It anchors the entire figure of the park to the hill. It is a figure of mediation between nature (the side of the mountain) and the park (the representation of nature). In other words, the theater is the semantic figure located between principle of nature (physis) and the ideal principle (nous). But the theater, that is at the beginning of Western culture, a prerequisite for the birth of the polis, develops an original function theoretical and critical. Then, at the dawn of Western knowledge, it gathered the community in order for it to witness the spectacle of the change of the truth:
from myth to philosophy. At that remote time the
theater anticipates and prepares the birth of the
city. Now, the theater, with the ceremony of its
parterre and terraces, relaunches that original
task. To rekindle the gaze of the mind and thought
on a new spectacle: knowledge in general and in
particular Valdagno. The spectacle of all together:
landscape-city, history-memory, expectationshopes,
through its three configurations (a+b+c).
The theater, then, is not only a place of amusement
or entertainment, but the eye of cosmic and
timeless Valdagno. The united and infinite gaze
of all its citizens. The real and democratic tool to program and verify the choices always placed
between the real and the ideal. The real place of
civic assembly where all are called to participate.
No-one excluded. Including also the shapes of
the landscape and the city in their enigmatic
identity. The theater relaunches its original threefold task: to participate, to educate, to contemplate.
The authentic purpose of a mature democracy.
Only in this perspective, the theater can hope to rekindle the sight to the blindness of contemporary planning.
The visual plan
The project acts as a visual device thought specifically for the large metaphysical-landscape scale. An optical-representative system, imaginative and scientific characterized by two principal focal points: the ideal-spiritual of the Villa Favorita; the real-contemplative of the theater. The focal length between the two, about 200 meters, at the same time allows to put in focus the background, on which appear visible images, socio-historical-natural alternating with invisible images, symbolic-noetic. The visual device is structured such that our view is always crossed by the axes of the ideal, constantly fed by the fierce heat that comes from the intimate images, original of Valdagno. Its secret iconographic heritage. But that distance of 200 meters separating the two focal points is joined by a number of floors, terraces, ramps, differences of level, horizons, aims, to prepare the eye and mind to the vision, the analytical-contemplative faculty gained through the experience -the pathknowledge and progress of each individual. It is a way to return to Valdagno the spectacle of its landscape, understood as the all together bound by time and every part of the whole. To its most intimate aspiration.
4 - The anticipation: the symbol
The figure of the lamb as a bridge steps over the
sides of the valley divided by the river. Never, as
in this case, does the symbol appear so relevant.
Agnus
Agno
Agni
The lamb; the river; the Vedic god of fire; one that burns and regenerates in the ritual of sacrifice.
Tenderness and warmth: synthesis and tragedy in
three names. But to reach the essence of the symbolic image, the brazier of Villa Favorita must
continue to burn and illuminate the fierce heat of
the ideal. The most noble and obscure aspect of the
real. It seems appropriate that Villa Favorita has
built the symbolic space of Valdagno anticipating
from the beginning the project to be completed.