Estetica del vuoto
Giangiorgio Pasqualotto
L'Occidente rimane spesso sconcertato di fronte alle forme prodotte dalle arti tradizionali di Cina e Giappone. La ricerca di Giangiorgio Pasqualotto intende superare questa sorta di smarrimento delineando l'esperienza del vuoto come fonte primaria di alcune fondamentali forme d'arte che hanno reso celebri e del tutto originali quelle tradizioni: la cerimonia del tè (chanoyu), la pittura ad inchiostro (sumie), la poesia haiku, l'ikebana, l'arte dei giardini secchi (karesansui), il teatro no. Andando alle radici dell'esperienza del vuoto si scopre che essa emerge, ancor prima che da riflessioni teoriche, da una pratica di meditazione - esercitata soprattutto nei modi indicati dal Taoismo e dal Buddhismo Zen - che può realizzare condizioni di vuoto produttivo nella mente, nel cuore e nel corpo non solo dell'artista, ma anche di chi ne gusta le opere. Questa ricerca, pertanto, affronta l'esperienza del vuoto attiva alle radici di alcune arti d'Oriente sia indagando i principali testi taoisti e buddhisti ad essa dedicati, sia, soprattutto, sviluppando alcune riflessioni originate dal contatto con Maestri (e Maestre) che dall'esperienza del vuoto hanno tratto vitali forme d'arte.