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La costruzione logica dell'architettura (1967)

Giorgio Grassi

From the Publisher

“Un libro d’esordio ... dove si trova raccolta una gran quantità di materiale originale piuttosto eterogeneo, per cercare di dire... la mia posizione nella scuola e nel mio lavoro... Un libro che ... mi faceva capire ... il perché di certe simpatie ... Le Muet e i manuali per costruire, Viollet-le-Duc e l’architettura racchiusa nei termini di un dizionario ... Loos e Oud, Tessenow e Hilberseimer, libri alternati a progetti a far vedere la loro equivalenza e la loro interscambiabilità...”.

Questo piccolo libro, che sembra un manuale ma non lo è, anche se forse avrebbe voluto diventarlo, è in realtà un libro d'occasione, messo insieme con una certa fretta in vista di una scadenza, in cui volevo esporre più che altro la mia linea di lavoro, quella linea che allora mi ero scelto e che aveva effettivamente un manuale d'architettura fra i suoi obiettivi. (...)
Un libro d'esordio, vecchio ormai di quarant'anni, di chi in realtà con l'architettura non si è ancora misurato e dove si trova raccolta una gran quantità di materiale originale piuttosto eterogeneo, per cercare di dire in fondo poche cose, le cose che m'importava di dire in quel momento, la mia posizione nella scuola e nel mio lavoro. Troppo materiale, credo, e troppo disuguale, libri e architetture diversi per qualità e spessore, tenuto insieme da pochi e schematici postulati, importanti forse solo per me, libri e progetti come se fossero la stessa cosa, anche se per me allora erano proprio la stessa cosa. (...)
Un libro che, mentre ci lavoravo, mi faceva anche capire, a me apprendista, il perché di certe simpatie, di certe presunte affinità. Le Muet e i manuali per costruire, Viollet-le-Duc e l'architettura racchiusa nei termini di un dizionario, linee e modi di operare che ero deciso a far miei. Loos e Oud, Tessenow e Hilberseimer, libri alternati a progetti a far vedere la loro equivalenza e la loro interscambiabilità. La lucidità mi attirava, e il rigore, la linearità, l'apparente facilità e la semplicità come fine. Dove il rapporto era sì con certi libri e certe architetture, che mi sembravano definitivi e insieme ricchi di nuove possibilità, ma sopratutto con l'intelligenza che stava dietro, con il movimento di quell'intelligenza, con la tensione ma anche con la precisione e la coordinazione, idee chiare messe in opera con precisione e controllo.
Opere di tipo e aspetto assolutamente normali da cui risultava un modo del tutto singolare di vedere le cose e sempre un modo autentico, libero, virtuoso, ecco ciò che stava dietro a quei libri e a quei progetti e che ero deciso a far mio. Le forme in realtà c'entravano ben poco, era la loro ragione di essere a essere in gioco in quei libri e in quei progetti, il loro perché, il perché del mio stesso lavoro. (dalla Premessa di G.G.)

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