Università del Gusto
La nuova destinazione d’uso proposta per la riconversione dell’ex base NATO nasce dalla presa di coscienza di quelle che sono le caratteristiche proprie del comprensorio di Naz - Sciaves.
Una Università di scienze gastronomiche si pone come fulcro di un “polo del gusto” che valorizzi la produzione agricola ed artigianale della valle d’Isarco.
La mela, la vite, ma anche la produzione di formaggi e latticini, per finire con la caccia e la raccolta di castagne: sono molteplici le eccellenze e le tipicità della zona, che permettono ad una struttura come l’università del gusto di organizzare manifestazioni di promozione del territorio lungo tutto l’arco dell’anno, con ricadute positive per l’intorno.
Questa struttura educativa può preparare i giovani di tutto l’Alto Adige ad inserirsi nel settore turistico e produttivo della regione portando un più alto livello di specializzazione nella promozione dei luoghi e dei prodotti, avviando anche un proficuo scambio a livello nazionale ed internazionale con altri istituti universitari, avvalendosi anche della presenza del vicino polo universitario di Bressanone.
L’istituto universitario realizza una massa critica sufficiente ad aggregare nel “polo del gusto” una serie di attività che possono essere gestite sinergicamente, come un mercato permanente dei prodotti tipici, una cantina sociale, un centro di educazione alimentare, un orto didattico destinato ai più piccoli.
Inoltre il complesso ospita una serie di laboratori ed attrezzature di lavorazione dei prodotti agroalimentari dove vengono formati gli studenti del polo e che possono essere utilizzati dai piccoli produttori di zona, innescando un circolo virtuoso tra ricerca ed piccola impresa per il continuo miglioramento del prodotto, per un’agricoltura rinnovata e per la tutela della biodiversità.
Dal punto di vista architettonico, l’intervento si compone di tre corpi di fabbrica: un lungo edificio rivestito in legno che ospita tutti gli spazi dell’università, un nuovo “bunker” parzialmente interrato che contiene i laboratori, l’enoteca, gli spazi di esposizione e vendita, oltre che tutte le strutture per la produzione e l’agricoltura, e per finire un padiglione nel bosco adibito a sala conferenze.
I due bunkers interrati della base NATO vengono mantenuti, così come le due torrette di sorveglianza e i filari di alberi che attualmente circondano la segheria. Tutti questi elementi non vengono semplicemente mantenuti, ma sono “risemantizzati” con i nuovi interventi e diventano parte integrante del progetto.
La corona esterna dell’areale viene coltivata, restituendo il lotto al paesaggio. L’unica emergenza che mantiene un valore territoriale è l’edificio dell’università: esso si presenta come una lunga diga di legno adagiata nel paesaggio. Vista da nord, dove rivolge il suo prospetto più chiuso, si presenta più come un’opera di land art che come un edificio.
L’università è pensata come un istituto non statale, sviluppato sul format - e forse con la partecipazione - di quello realizzato a Pollenzo dall’associazione internazionale “Slow Food” con la collaborazione delle regioni Piemonte ed Emilia Romagna.
Può quindi essere realizzata da un concorso di forze pubbliche e private, ed a fronte di un costo notevole di realizzazione garantisce una durevole redditività.
Le strutture sono infatti pensate per un duplice utilizzo: durante lo svolgimento dei corsi gli alloggi sono dedicati ad ospitare gli studenti, la mensa e le aule lavorano con l’università. Questi periodi porteranno gli introiti delle rette pagate dagli studenti e delle borse di studio che la provincia autonoma potrebbe promuovere.
Durante i periodi di interruzione dei corsi, che coincidono con l’alta stagione turistica, la struttura funziona come un residenza turistica, munita di ristorante e centro congressi, per ospitare convegni, non solo a tema gastronomico.
Il complesso si propone inoltre di ospitare visite scolastiche degli istituti inferiori dell’Alto Adige così come comitive di gruppi interessati a corsi di educazione alimentare, per la cura di giovani affetti da anoressia, bulimia o altri problemi di salute alimentare, oggi in preoccupante aumento.
Svolgendo tutte queste attività sinergicamente entro un unico istituto, si possono abbattere i loro costi di gestione, rendendo il “polo del gusto” un centro estremamente efficiente e di capitale importanza sia per la pubblica istruzione che per il sistema sanitario della provincia.
Non si deve poi dimenticare come il ritorno economico maggiore sia quello generato dall’indotto di una “fabbrica del sapere” come l’università: la presenza di studenti, professori e visitatori che si servono delle attività commerciali dei vicini centri urbani andrebbe a colmare l’ammanco che si è ingenerato dopo la partenza dei militari, sia dal punto di vista dello scambio economico che interculturale.